Ornella Vanoni
(Milano, 1934 – )
Di Elisabetta Maino (Universidade de Lisboa)
Parlare oggi di Ornella Vanoni (Milano, 1934) significa ripercorrere gli ultimi ottant’anni della storia d’Italia. La Vanoni è una di quelle interpreti le cui canzoni, volenti o nolenti, vivono nella nostra testa, scorrono nelle nostre vene… Ornella è un’artista impeccabile, oltre che una donna risoluta, attenta, tagliente e molto lucida.[1]
Un filo di trucco, un filo di tacco[2] è lo spettacolo teatrale che la stessa Vanoni ha portato sui più importanti palchi d’Italia, ma anche in Svizzera. Il viaggio comincia nel 2014, all’alba degli 80 anni, e si prolunga fino al 2015, quasi due anni di spettacoli in cui Ornella ci parla di vita e di amore, ripercorrendo la sua vita di donna e artista.
Questo tour l’ho pensato e l’ho scritto io, farà commuovere e farà sorridere, dentro ci sarò io, io tutta intera.[3]
Facciamo un passo indietro, agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando per l’artista tutto comincia. Nel 1956 entra a far parte della compagnia del Piccolo Teatro di Milano, ed è proprio qui che raggiunge i primi successi come attrice e interprete delle canzoni della Mala, la malavita milanese. Le canzoni sono scritte da Giorgio Strehler, compagno della Vanoni, innamorato pazzo di lei, e da altri artisti quali Gino Negri e Dario Fo. Fra teatro e musica, la scelta è semplice.
Sono diventata attrice dopo Strehler, grazie al mio primo marito, Lucio Ardenzi, grande impresario. Poverino, non l’ho mai amato, ma con lui feci “L’idiota” di Achard. Ebbi un grande successo. Però poi ho scelto la musica, mi dava più allegria.[4]
E così, negli anni Sessanta e Settanta forma parte del gruppo di cantanti e cantautori milanesi – Enzo Jannacci, Sergio Endrigo, I Gufi, Giorgio Gaber, solo per citarne alcuni – che hanno in comune la voglia di mettere a nudo la realtà, parlando della vita, bella o brutta che sia. Nasce così, nel 1981, “Vai, Valentina”, una canzone composta da Ornella Vanoni per descrivere il dialogo tra due donne, in cui la più matura, grazie alla sua esperienza, insegna alla più giovane come affrontare la vita e l’amore. Per il suo testo, Ornella Vanoni ha operato delle scelte linguistiche interessanti. In particolare, emerge una grande accuratezza nella selezione dei verbi. Ascoltando “Vai, Valentina”, ci sembra quasi di vedere materializzate le due donne, sedute a un tavolino di qualche bar nel centro di Milano.[5]
È un brano che ci riporta all’esperienza dei cambiamenti dell’amore, perché gli esseri umani cambiano, perché il tempo cambia, perché tutto cambia e niente rimane immobile.
Nella canzone seguiamo il percorso di Valentina descritta, nella prima strofa, come una ragazza romantica e innocente, sempre pronta a ballare e a innamorarsi:
Oh, Valentina
gambe lunghe per ballare
oh, Valentina
e ogni ballo un grande amore
Nella seconda strofa, Valentina cresce, è più matura, quasi irriconoscibile agli occhi del narratore:
ora dice che lavora
che ci ha messo una croce su
no, Valentina
non ti riconosco più
I due ritornelli che seguono le prime due strofe sottolineano il carattere impulsivo e passionale della ragazza. Valentina viene spronata a fuggire dalla realtà lasciandosi abbandonare a sogni e desideri. Per fare questo deve correre, come un gatto, come il vento, addirittura come un ladro, ma un ladro “che ha rubato un libro di poesie”.
Infine, nella terza e ultima strofa, Valentina sprofonda nelle calde lacrime in cui i suoi amori si sono trasformati. Sembra non essere più in grado di amare, è caduta nella trappola fra desiderio e amore. Ed ecco che, ancora una volta, negli ultimi ritornelli, viene spronata a correre, a non lasciarsi andare:
E allora corri come una gazzella
che non vuol finire dentro i trofei
…
e allora corri, corri come il vento
…
E allora corri, corri come un sogno
…
e allora corri, corri come corre il tempo
…
Corri, corri come corre il lampo
che se la pelle te la strappa una spina
ahi, Valentina, non è il dramma che pensi tu
era un “ti amo” e dopo non ti amo più
La figura femminile ritorna nei lavori degli anni Novanta. Con l’album Sheherazade, del 1995, la Vanoni intraprende “un viaggio sentimentale nel mondo femminile”[6], firmando otto dei dodici ritratti di donna in esso contenuti. La scelta del titolo è un intelligente e sottile omaggio all’intraprendenza, alla creatività, alla bellezza, alla seduzione, al genio dell’essere donna. Sheherazade, la protagonista di Le mille e una notte, viene definita dalla Vanoni, in una nota dell’album, come “l’archetipo femminile”. La bella, colta, intelligente e anche furba figlia del visir riesce a conquistare il perfido sovrano che odia le donne fino a volerle uccidere, non prima di averle possedute, con la narrazione di storie che si susseguono in un intreccio continuo e senza fine.
Ritornando agli anni Settanta, ricordiamo un’altra delle tante facce della poliedrica artista, la Vanoni “brasiliana”, l’interprete che ha prestato la sua voce a canzoni di grandissimi autori quali Vinicius de Moraes, Chico Buarque, Caetano Veloso, Roberto Carlos, per citarne alcuni.
Ma non si tratta semplicemente di voce. Si tratta di interpretazione, di consegnare un testo nelle mani e alla voce di una donna intelligente, spiritosa, gentile, disponibile, nella vita e sul palco. Una donna che è musica anche quando parla. L’interpretazione di Ornella Vanoni va oltre la lingua. Affidarle un testo significa farglielo “sentire”, come fece Gino Paoli la prima volta che si incontrarono, a Milano, nei corridoi della Ricordi.
È la primavera del 1960 quando conosco un’altra donna. Io ho già pubblicato “La gatta” e “Il cielo in una stanza”. Alla Ricordi sono di casa. Sono nella saletta, al pianoforte, quando Nanni entra insieme a una bellissima ragazza dai capelli rossi.
“Mi dicono che sei bravo. Mi scriveresti una canzone?”
Io non rispondo niente, la guardo.
…
“Non so,” dico. Poi aggiungo: “E tu, ci verresti alla Fiera con me?” Lei sorride, timidamente. Poi se ne va, entra nell’ufficio di Nanni Ricordi. Mezz’ora dopo ritorna.“Guarda che la canzone te l’ho scritta,” le dico.
E mentre mi si mette accanto tutta seria, le faccio sentire al pianoforte il valzer di “Senza fine”. Re maggiore, si minore settima, sol maggiore, la maggiore. Quando arriva il passaggio al do minore di settima e la spirale di accordi malinconici che segue, vedo sul suo volto balenare un sorriso.[7]
Ornella è attenta, ascolta, esegue, interpreta, rappresenta. Sempre. Quando esegue traduce mentalmente, come un vero e proprio traduttore, curiosa, umile e mite.
Bruno Lauzi e Sergio Bardotti sono i traduttori dei testi della Vanoni “brasiliana”. Con pazienza e umiltà, restando nell’ombra, si sono messi a servizio delle parole, ascoltandole, sentendole. Hanno dapprima “tradito” il testo, allontanandosene, per poi riavvicinarsi piano piano, curiosi, ed arrivare infine a creare un nuovo stile, che nella sua novità si è mantenuto fedele allo spirito del testo di partenza, al suo ritmo, al suo tono, al sentimento poetico in esso contenuto. Il compito del traduttore va inteso come compito a sé, nettamente distinto da quello del poeta. Compito del traduttore è di trovare quell’intenzione rispetto alla lingua di arrivo dove si ridesti l’eco dell’originale.[8]
Fra le più celebri canzoni brasiliane, interpretate da Ornella Vanoni, non possiamo non citare “Sentado à beira do caminho” (Erasmo Carlos e Roberto Carlos, 1969) tradotta da Bruno Lauzi nel 1970, con il titolo “L’appuntamento”.
La canzone racconta una lunga e vana attesa da parte di una donna che ha accettato un appuntamento, l’ennesimo, dopo aver già commesso tanti errori nella sua vita sentimentale (“Ho sbagliato tante volte ormai/che lo so già”).
Nel ritornello, l’attesa scaldante e ansiosa denuncia la mancanza di resistenza e quindi di esistenza della donna:
amore fai presto, io non resisto
se tu non arrivi non esisto
non esisto, non esisto.
Un altro brano altrettanto famoso, “La voglia, la pazzia” è quello che dà il nome all’omonimo album registrato in studio nel 1976, in cui Ornella Vanoni, Vinicius de Moraes e Toquinho cantano, in italiano, una raccolta di canzoni dei più grandi maestri della Bossa Nova. “Se ela quisesse”, questo il titolo della canzone originale, scritta nel 1975 da Vinicius e Toquinho, è un samba che rappresenta un inno all’amore e all’innamoramento. Parole e melodia si fondono in quella che potremmo definire una poesia musicale, le emozioni crescono, siamo pervasi dall’atmosfera del carnevale che entra in noi, sentiamo crescere
la voglia, la pazzia,
l’incoscienza e l’allegria
di morir d’amore insieme a te
Le canzoni brasiliane interpretate da Ornella Vanoni sono tante e la strada che l’artista ha percorso è molto lunga. Dagli esordi ad oggi, gli album sono più di 60.
Nel settembre del 2013, esce quello che viene presentato come l’ultimo lavoro dell’artista, Meticci (io mi fermo qui) e che vanta grandi collaborazioni quali Nada (“Il bambino sperduto) e Franco Battiato (“Aurora”).
Il sottotitolo dell’album è spiegato, con un po’ di malinconia, dalla stessa Vanoni, ormai prossima agli ottant’anni:
E’ una gran fatica, fare dischi. Ci vogliono tempo e idee, su questo progetto abbiamo lavorato almeno un anno e mezzo. Non avevo mai voglia di andare in studio, mi intristiva pensare che i dischi ormai non si vendono più. Mi chiedevo a cosa servisse, tutto questo sforzo.[9]
Lo sforzo è grande, è vero, ma la voglia di cantare lo è ancora di più e la Vanoni non si ferma qui. Nel 2023 ci regala un nuovo album, Calma rivoluzionaria – Live 2023, una raccolta di brani, di cui tre registrati in studio, tratti dallo spettacolo Le donne e la musica, scritto dalla stessa artista con Federica Di Rosa, e caratterizzato da una band di sole donne.
Per concludere questa carrellata, ricordiamo un episodio risalente al 1º maggio 2022, giorno in cui Ornella Vanoni, la regina della musica italiana, partecipa per la prima volta al concerto che tutti gli anni si organizza a Roma in Piazza San Giovanni in occasione della Festa del Lavoro. Non lasciando nulla al caso, la cantante sceglie di portare sul palco una canzone di Chico Buarque, “Construção”, del 1971, in italiano “Costruzione”.
La canzone era già stata interpretata dalla Vanoni nel 1975, all’interno del programma Fatti e fattacci di Antonello Falqui, presentandosi quasi immobile sul palco, in abiti scuri, con alle spalle uno scenario che rappresenta la città di Rio de Janeiro (ma potrebbe trattarsi di una qualsiasi città, come la Città che sale di Umberto Boccioni). La sua voce è monotona, le gambe si muovono appena, in quella che sembra una sorta di marcia lenta in cui i piedi non si staccano dal pavimento e la testa ballonzola leggermente da una parte all’altra.
“Construção” è la cronaca dell’ultima giornata di un manovale che sale l’impalcatura ripetendo i gesti meccanici ed alienanti che lo porteranno ad inciampare nel cielo come un ubriaco (o un vecchio magico), fluttuando nell’aria come un passero, per poi finire a terra come un pacco flaccido e spegnersi contromano ostacolando il traffico (il sabato nell’ultimo verso).
Ornella è una donna sensibile, è un’attivista e, all’età di 87 anni, sul grande palco dei sindacati, tutti presenti, fondendo suoni, parole e immagini, infila meticolosamente il dito nella piaga che non smette di sanguinare, quella delle morti bianche, prestando la sua magnifica voce a chi, da un momento all’altro, come se niente fosse, è sprofondato nell’eterno silenzio.
Solo una settimana prima, il 24 aprile 2022, il Club Tenco, nell’ambito dell’evento “Per te, Ornella – Serata di parole e musica”, organizzato al Casinò Municipale di Sanremo, le conferì il Premio Tenco Speciale con la seguente motivazione:
Straordinario esempio di interprete e autrice di una canzone sempre intelligente e ai vertici della qualità artistica; fin dagli esordi ha fornito suggestioni musicali spesso inedite e ha continuato a farlo in tutta la carriera. Con un inconfondibile stile che privilegia l’emozione, ci ha presentato le canzoni della mala, le composizioni dei cantautori genovesi e milanesi, la grande canzone poetica brasiliana andando anche a scoprire nuovi talenti competitivi nelle giovani leve italiane”.[10]
NOTE:
[1] BAGLIO, Gaspare. “Ornella Vanoni: in Italia il rock non existe,” in Rolling Stone Italia 29/09/2018
[2] “Quando ero ragazza e dovevo uscire, mia madre non smetteva di ripetermi, sino allo sfinimento, ‘Ricordati sempre: un filo di trucco, un filo di tacco’. Una raccomandazione che mi è rimasta impressa nella mente sino ad oggi. Povera mamma: certe volte esco in tuta. Tutta spettinata. Sento che me lo dice anche oggi che non c’è più”, in “Un filo di trucco e un tacco… l’ultimo tour” in TV Numeri Uno, 27 Febbraio 2014.
[3] Ibidem
[4] CHIAPPORI, Sara – “Strehler e Ornella Vanoni: ‘Io, il genio e l’amore ma sognavo l’allegria’” – in La Repubblica, 03/06/2021
[5] PERICOLI, Ugo – “Ornella Vanoni e ‘Vai, Valentina’: di corsa verso la modernità,” in Onda Musicale, 22/09/2023.
[6] COLOMBATI, Leonardo – Ornella Vanoni, in La canzone italiana 1861-2011. Storie e testi. – Milano, 2011, p.868
[7] PAOLI, Gino con BRESCIANI, Daniele. Cosa farò da grande – I miei primi 90 anni – Milano, 2023, p.92
[8] Benjamin, Walter. “Il compito del traduttore” (1920) in aut aut, 334, 2007, pp. 7-20.
[9] in, https://www.rockol.it/recensioni-musicali/album/v-8386/ornella-vanoni-meticci
[10] PERICOLI, Ugo – cit.
BIBLIOGRAFIA
BAGLIO, Gaspare. Ornella Vanoni: “in Italia il rock non esiste”, in Rolling Stone, 29 settembre 2018;
BENJAMIN, Walter. “Il compito del traduttore” (1920), in aut aut 334, 2007, pp. 7-20;
CAVALCANTI, Paulo. “Construção”, in Rolling Stone Brasil (2009);
PAOLI, Gino. Cosa farò da grande (2023);
RICOUER, Paul. Sur la traduction (2024).
Translated songs: