Rosa Balistreri
(Licata, 1927 – Palermo, 1990)
Di Amanda Pascali (Fulbright Fellow)[1]
Rosa Balistreri è stata una delle prime donne italiane a denunciare pubblicamente le disuguaglianze sociali attraverso la musica. La sua voce iconica e rauca ha portato le canzoni sulla stridente povertà della Sicilia nel ventesimo secolo alla ribalta della musica popolare italiana negli anni ’60. Operaia per gran parte della sua vita, Rosa Balistreri ha imparato a leggere e scrivere all’età di 32 anni e a suonare la chitarra all’età di 40. È un simbolo universale della classe operaia che ha protestato contro l’ingiustizia sociale in uno dei i modi più coraggiosi del suo tempo: con la voce e la chitarra.
Rosa Balistreri nacque a Licata (provincia di Agrigento) nel 1927 da una famiglia molto povera. Era figlia di una casalinga e di un falegname e fu mandata a lavorare sin da piccola senza avere la possibilità di frequentare la scuola. La violenza domestica è stata una realtà costantemente presente nella sua vita fin dalla giovane età. Nei suoi resoconti autobiografici, documentati da Giuseppe Cantavenere, Rosa descrive il ricordo di sua madre violentata e maltrattata fisicamente davanti alla famiglia. Condividevano una casa di una sola stanza dove dormivano, mangiavano e vivevano tutti insieme. All’età di 15 anni ricevette il suo primo paio di scarpe per poter andare in chiesa a cantare.
Rosa Balistreri fu costretta a sposare Gioacchino Torregrossa, che in seguito descrisse come un “latru, jucaturi e ‘mbriacuni”. Poco dopo il matrimonio, Torregrossa perse al gioco tutto ciò che aveva riducendo sul lastrico la famiglia. Esasperata dalla situazione, o forse per legittima difesa (le testimonianze divergono), Rosa aggredì il marito con un coltello, reato per il quale scontò sei mesi di carcere.
Una volta libera si guadagnò da vivere vendendo capperi, lumache e fichi d’india per le strade di Licata. Si trasferì poi a Palermo, dove lavorò come domestica e bambinaia presso una famiglia nobile. Qui venne accusata di aver rubato alla famiglia, finendo nuovamente in carcere. A 32 anni ha imparato a leggere e scrivere.
La sua carriera musicale non iniziò finché non si trasferì a Firenze e prese in mano una chitarra all’età di 40 anni, incoraggiata dalla comunità locale di artisti e intellettuali. Tra loro c’erano Guttuso, Sciascia, Camilleri e Dario Fo, che nel 1966 la scelse per recitare nel suo spettacolo teatrale “Ci ragiono e canto“. Questa performance è considerata da molti la sua “grande occasione”. Mario de Micheli, accademico e critico d’arte, le diede l’opportunità di incidere il suo primo disco. Fu a Firenze che incontrò e si legò sentimentalmente al pittore Manfredi Lombardo, con il quale visse per 12 anni.
Sua sorella la seguì a Firenze sperando di liberarsi dal marito violento, ma questi la trovò e la uccise. Devastato dall’evento, il padre si impiccò. Successivamente, Rosa ha scritto “Un matrimonio infelice”, una canzone-racconto di 40 minuti in stile “cantastorie” siciliano, che racconta la storia del femminicidio di sua sorella.
Rosa non si è limitata a cantare le questioni più urgenti del suo tempo, le ha vissute. La sua esperienza personale viene fuori nella sua voce con la forza di un antico messaggio: se qualcosa è troppo pericolosa per dirla, cantala. Balistreri non si autodefiniva una cantante ma un’attivista i cui strumenti erano una chitarra e una voce. È un simbolo universale della classe operaia che, come molti musicisti di gruppi emarginati (come per esempio Rosetta Tharpe nel sud degli Stati Uniti, Chavela Vargas in Messico e Miriam Makeba in Sud Africa), ha cantato contro l’ingiustizia, lasciando col suo canto una testimonianza indelebile della vita di tutti gli emarginati.
Rosa Balistreri morì nel 1990, colpita da un ictus mentre cantava su un palco in Calabria, all’età di 63 anni.
BIBLIOGRAFIA: Cantavenere, Giuseppe. Rosa Balistreri. Una grande cantante folk racconta la sua vita, Sciascia, 2018.
[1] Desidero ringraziare Felice Liotti, Francesco Giunta, Francesco Pira and Mauro Geraci per aver condiviso con me I loro ricordi di Rosa Balistreri. Un ringraziamento speciale va anche all’Associazione Cantastorie Busacca e al prof. Alessandro Carrera.
Translated songs: