Chillo è nu buono guaglione
fà ‘a vita ‘e notte sott’a nu lampione
e quando arriva mezzanotte
scende e va a faticà’.
Chillo è nu buono guaglione
ma che peccato ca è nu poco ricchione
ha cominciato col vestito della sorella pe pazzia.
Chillo è nu buono guaglione
e vo’ essere ‘na signora,
chillo è nu buono guaglione
crede ancora all’amore.
Chillo è nu buono guaglione
sogna la vita coniugale
ma per strada poi sta male
perché si girano a guardare.
Chillo è nu buono guaglione
s’astipa ‘e sorde pe ll’operazione
non ha alternativa, solo azione decisiva.
Chillo è nu buono guaglione
e vo’ essere ‘na signora,
chillo è nu buono guaglione
crede ancora all’amore.
E mi chiamerò Teresa:
scenderò a far la spesa,
me facce crescere ‘e capille
e me metto ‘e tacchi a spillo.
Inviterò gli amici a casa
a passare una giornata
senza avere la paura
che ci sia una chiamata.
E uscire poi per strada
e gridare “so’ normale!”
e nisciuno me dice niente
e nemmeno la stradale.
Chillo è nu buono guaglione
e vo’ essere ‘na signora,
chillo è nu buono guaglione
crede ancora all’ammore.
Di Anthony DelDonna (Georgetown University)
Il seguito al suo debutto nel 1977 con Terra mia, Pino Daniele pubblicò nel 1979 un album eponimo che conteneva alcuni dei suoi testi più riflessivi insieme a un nuovo suono distintivo. Questo approccio emerge nell’apertura, con pronunciato groove ritmico, di “Chillo è nu buono guaglione”. Le percussioni ripetitive creano l’atmosfera mentre l’agile linea di basso oscilla tra mi minore e si minore, contendendosi con la chitarra, più ritmica che melodica, la parte più significativa, ricorrente e avvolgente dell’arrangiamento. La caratteristica atmosfera da club del groove, simile al four on the floor della disco music, trova la sua piena espressione nella narrazione di Daniele di un “bravo ragazzo” per le strade di Napoli. Ogni strofa è caricata frontalmente con il ritornello, ma inizia con un’anticipazione che imita il solco sincopato dell’accompagnamento sottolineando anche la tensione ritmica. Daniele dispiega la narrazione nel suo stile vocale caratteristico e duro, raccontandoci del bravo ragazzo che lavora di notte, fa i conti con la sua sessualità e alla fine decide che vuole vivere liberamente e apertamente come donna. Non risparmia i dettagli, Daniele, e ci dice che il “bravo ragazzo” sta risparmiando i suoi soldi per “l’operazione” e passando al battere per la prima strofa, priva di hook, dichiara che il suo nuovo nome sarà “Teresa”, che equivale a una forte dichiarazione della sua nuova identità. Teresa abbraccerà apertamente questa nuova vita, affermando di fronte a tutti, anche alla polizia, che è “normale”. I temi molto controversi dell’omosessualità, della prostituzione e del transgenderismo (teniamo presente che è il 1979) segnano un terreno completamente nuovo per la canzone, tradizionalmente dedita a temi di bellezza naturale e amore, perdita e qualche forma di desiderio, spesso per la città si. Eppure, Daniele ci colloca nella stessa città ricordata in canzoni precedenti, incentrata però sulle mutevoli murene sociali della vita urbana. Ancora oggi è noto che dopo la mezzanotte in piazza Plebiscito, molti “buoni guaglioni” si dirigono a lavorare sotto un lampione, magari proprio sotto le luci esterne del Teatro San Carlo, vestiti da donne.