Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera,
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera.
L’immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l’occhio di un uomo poteva guardare,
e tutto d’intorno non c’era nessuno,
solo il tetro contorno di torri di fumo.
I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva,
con l’anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati.
I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero.
E il vecchio diceva, guardando lontano:
«Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori.
E in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell’uomo e delle stagioni».
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
«Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!»
The Old Man and the Child
Translated by:
Francesco Ciabattoni
– Come on, tell us… oh, wow, a’right!
– What, me? No!
– Yes, just you!
– I saw a king
– He seen what?
– He seen a king!
– Oh wow, a’right.
– A king who was crying sitting on the saddle
he cried so many tears he was getting
even the horse wet!
– Poor king!
– And poor horse too!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– It’s the emperor that took a nice castle from him…
– Oh, what a rascal!
– … of the thirty two he owns.
– Poor king!
– And poor horse too!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– I saw a bish…
– He seen what??
– He saw a bishop!
– Oh wow, a’right.
– He too was crying,
making a ruckus,
he was even biting a hand
– Whose hand?
– The sexton’s hand!
– Poor bishop!
– And poor sexton too!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– Come on, speak on!
– It’s the cardinal that took
an abbey from him
– Oh poor devil!
-… of the thirty-two he owns
– Poor bishop
– And poor sexton too!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– I saw a ric…
– He seen what?
– He saw a rich man, a signore.
– Oh wow, a’right.
– The poor man wept over a wine goblet
and every dro-, and every drop went in
– Into the wine?
– Yes, and watered it all down!
– Poor wretch!
– And poor wine too!
– Oh wow, a’right
– Oh wow, a’right.
– Come on, speak on!
– The bishop, the king, the emperor
have half-ruined him
they took from him
three houses and a building
of the thirty-two that he owns.
– Poor wretch!
– And poor wine too!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– Come on, speak on!
– I saw a farmhand.
– He seen what?
– A peasant!
– Oh wow, a’right.
– Oh wow, a’right.
– The bishop, the king, the rich man, the emperor,
even the cardinal,
they’ve half-ruined him
they took from him:
the house, the farm,
the cow, the violin,
the box with the chess pieces,
the transistor radio,
the records by Little Tony
his wife!
– and then what?
– A son of his was drafted.
and they killed his pig too.
– Poor swine!
– Meaning the pig…
– Oh wow, a’right.
– But no, he did not cry, in fact
he giggled
Ah! Ah! Ah!
– What, is he crazy?
– No!
– the thing is, us peasants…
us peasants
we always have to be happy,
’cause our own crying would hurt the King,
would hurt the cardinal and the rich man,
it saddens them to see us cry.
We always have to be happy,
’cause our own crying would hurt the King,
would hurt the cardinal and the rich man,
it saddens them to see us cry!
Nato a Modena nel 1940, Francesco Guccini è uno dei cantautori italiani più conosciuti. La sua carriera abbraccia circa 50 anni, durante i quali ha registrato 16 album originali e si è esibito in innumerevoli concerti. Sebbene non si esibisca più, la sua voce caratteristica e le celebri ballate lo rendono uno dei cantanti folk più iconici della sua generazione. Nel 2001, Guccini si è trasferito da Bologna a Pàvana, il suo villaggio ancestrale sugli Appennini, dove, tra il 2011 e il 2012, ha trasferito i suoi musicisti e un intero studio di registrazione per incidere il suo ultimo album (Ultima Thule) e girare un documentario su questo sforzo (La mia Thule). Nello stesso anno, sempre a Pàvana, annunciò che non avrebbe più fatto concerti e album, e si ritirò dalla scena musicale.
La vita va avanti e l’imponente cantautore concentra ora la sua ispirazione artistica sulla scrittura di romanzi gialli (con Loriano Macchiavelli) e raccolte autobiografiche. Prima di ritirarsi dalle scene aveva già scritto un’importante trilogia autobiografica: Cròniche epafàniche (1991), Vacca d’un cane (1993) e Cittanòva blues (2003). In questi libri, usa un idioletto che colloca la lingua italiana nel contesto di diversi paesaggi sonori dialettali, a seconda di dove sono ambientati i libri. Cròniche epafàniche, dedicata alla sua infanzia in Appennino, ha conquistato i lettori per la facilità narrativa e il forte immaginario, determinato dalle sue originali scelte linguistiche. Ad esempio, in un brano dedicato al suo passatempo d’infanzia, la pesca nel torrente locale, scrive:
è più facile prenderli, i pesci, con le mani, quando il gorello dello sfioratore del botàccio va in secca, e nelle pozétte qualche pesce rimane: una volta, quando c’era più pesci, usavano anche le nasse di stroppe che ora sono rinsecchite e inerti nel Maganzino. (17)
L’importanza di Guccini come cantautore nella storia della musica italiana non può essere sopravvalutata. Le sue ballate mescolano etica e poetica, satira e indignazione, passato e presente.
Anche chi non ha familiarità con il suo vasto corpus di opere si è imbattuto in alcune delle prime canzoni di Guccini, come “Dio è morto” (Folk Beat n. 1, 1967), ispirato nel titolo a Così parlò Zarathustra di Nietzsche e nel testi di “Howl” di Allen Ginsberg:
Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente cercare il sogno che conduce alla pazzia alla ricerca di qualcosa che non si trovano
Un’altra delle sue famose ballate è “Auschwitz”, nota anche come “La canzone del bambino nel vento”, scritta dopo aver letto un libro autobiografico di Vincenzo Pappalettera intitolato Tu passerai per il camino:
Son morto che ero bambino sono morto con altri cento. Passato per il camino e adesso sono nel vento.
Guccini è l’autore de “L’Avvelenata” (Via Paolo Fabbri, 43, pubblicato nel 1976) uno dei brani più scurrili della storia della musica cantautorale italiana. Costituisce un potente atto di indignazione, costellato di parolacce. Se all’inizio sembrava scandaloso, in seguito è diventato un simbolo dell’intensità delle proteste personali che hanno caratterizzato gli anni ’70.
Guccini ha sempre affermato di essere più anarchico che comunista. “La locomotiva” (Radici, 1972), con cui concludeva tutti i concerti, è una delle sue canzoni distintive. Si tratta di una lunga ballata anarchica su un ingegnere ferroviario, Pietro Rigosi, che, alla fine dell’Ottocento, cercò di scagliare una locomotiva contro un treno passeggeri, per protestare contro le difficili condizioni di vita dell’epoca.
Nel suo canzoniere Francesco Guccini invia un forte messaggio etico, poetico, politicamente impegnato e spesso satirico. Per tutti questi motivi, Dario Fo una volta lo chiamò “la voce del movimento”. Le influenze sulla sua musica e sui suoi testi sono Jacques Brel e Georges Brassens, Bob Dylan e Paul Simon, così come Édit Piaf.
Per quanto riguarda la sua iconografia, era famoso per esibirsi con una bottiglia di vino sotto la sedia. “Al rosso saggio chiedi i tuoi perché”, scrive in “Un altro giorno è andato” (Un altro giorno è andato / Il bello, 1968). Nelle sue liriche il vino è compagno di molte notti; il “saggio rosso” che menziona in quella canzone è infatti una metafora del vino rosso.
Francesco Guccini è probabilmente l’unico cantautore che ha fatto del proprio indirizzo privato il titolo di un suo album. Via Paolo Fabbri, 43, a Bologna, è diventato un pellegrinaggio necessario per chi ammira la produzione poetica e musicale del cantautore.
La sua poesia è ispirata dalla sua vasta conoscenza letteraria, che traspare in innumerevoli riferimenti, da Carlo Collodi ad Alessandro Manzoni, da Jack Kerouac a John Dos Passos, da Guido Gozzano a Carl Barks. La profondità e il valore letterario del suo corpus di opere gli sono valsi un gran numero di riconoscimenti, tra cui, nel 1992, il prestigioso Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la sezione “versi in musica”.
Gozzano in particolare è stato molto influente per i testi più intimi di Guccini. L’autore, infatti, è debitore al crepuscolarismo sia nelle sue atmosfere che nelle scelte stilistiche. Ad esempio, la famosa canzone “Incontro”, (Radici, 1972) che descrive una cena, dopo tanti anni, con una compagna di liceo, Guccini menziona che le posate avevano il colore della nostalgia (stoviglie color nostalgia). Si può sentire, in questa canzone romantica e nostalgica, un riferimento alla lunga poesia di Gozzano “Signorina Felicita”, (I colloqui, 1911) in particolare un riferimento agli occhi di Felicita, descritti da Gozzano come posate-blu (“azzurri di un azzurro di stoviglia”). Il prestito più evidente da Guido Gozzano è, tuttavia, l’adattamento di Guccini di “La più bella”, una poesia che Guccini ha musicato con il titolo “L’isola non trovata“.
In una recente intervista (per il talk show di Diego Bianchi, Propaganda live) Guccini lamenta la scomparsa di chi popolava le “sue” montagne, e quindi l’annacquamento di quella particolare cultura, e delle sue stesse radici. La ricerca delle proprie radici è uno dei temi principali del suo canzoniere, in particolare nel suo album del 1972, Radici. La canzone che ha dedicato a suo zio Amerigo, emigrato negli Stati Uniti e tornato a Pàvana solo da vecchio, esemplifica la sua attenzione per la storia della sua famiglia.
Il tema di Pàvana come locus amoenus dove vengono risolte molte delle contraddizioni della vita è uno dei temi più duraturi dei suoi testi. Il suo ultimo album, Ultima Thule (2012), registrato all’interno del mulino che appartiene alla sua famiglia da diverse generazioni, è pieno di ricordi d’infanzia, incluso il suono della ruota del mulino che continuava a macinare giorno e notte quando era bambino.
Un altro tema importante nelle produzioni di Guccini è il tempo. Nella canzone che presta il titolo al suo ultimo album, “Ultima Thule”, si lamenta del passare del tempo, che ha posto fine alle scappatelle di predoni con i suoi più cari amici musicisti:
Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto.
Dov’è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dove la forza che ci circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via.
(“Ultima Thule”, Ultima Thule, 2012)
Non dovremmo preoccuparci di questa malinconica ultima canzone. Il buen retiro di Guccini in Appennino è meta di appassionati e studiosi. Non sembra nemmeno preoccuparsi delle frequenti interruzioni o del suo status leggendario tra i suoi ammiratori. Nella speranza di incontrarlo un giorno a Pàvana, attendiamo con ansia il suo prossimo romanzo giallo.
Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a visitere il sito si suppone che tu sia d'accordo, ma puoi disattivarlo se lo desideri.
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.