Camminan di bolina
al freddo di prima mattina,
legnosi nei pastrani
come talpe dentro
brache di fustagno.
Occhi crepati, vene aguzze,
maculati,
denti neri di tabacco,
barbe di setola e allumina.
Anche l’alba che li coglie
livida di bardolino
porta rispetto e fa un inchino.
Accolita di rancorosi:
settimini, cuspidi e tignosi,
persi nella vita
come dentro una corrida,
intrappolati
tra melassa e baraonda.
Accolita di rancorosi:
gelosi, avvelenati, sospettosi,
incazzosi dentro casa,
compagnoni fuori in strada,
ci intendiam solo tra noi!
Ringhiosi che rimangon sempre soli,
gli ingrati se ne vanno,
noi restiamo e ci teniamo la ragione.
La baraonda s’alza allegra come l’onda
e tutto sprofonda
nel nettare del vin brulè.
Alla morte fan la corte
ebbri di guai.
Inguaiati dalle femmine,
inchiodati sulla croce
e ruggiscon di rancor.
Rancor,
rancor!
Musso, Musso
liscio e busso,
passa appresso
carica a bastoni,
cala l’asso
piglia, strozzo
smazza il mazzo Cavallaro,
fuman trinciato forte.
Joe Zarlingo fa le carte:
bestemmia in mezzo ai denti,
tira a fottere i compari,
bastardi si deridono tra loro!
Cirrotici, diabetici,
nemici dei dottori,
sputan sulla terra
dove andranno sottoterra.
Accolita di rancorosi,
settimini cuspidi e tignosi,
persi nella vita
come dentro una corrida,
intrappolati
tra melassa e baraonda.
Accolita di rancorosi:
camerati, ruvidi e grinzosi,
accaniti nel lavoro,
sparagnini con la prole,
spendaccioni con le troie,
demoni rapaci
sputan sulla terra
dove andranno sottoterra!