(Saigon, 1946 -)
La vita del “Piano Man” italiano. Di Ernesto Virgulti (Brock University)
Riccardo (Richard Vincent) Cocciante è nato nel 1946 da madre francese e padre italiano (abruzzese) a Saigon (Vietnam), che all’epoca era parte dell’Indocina francese. Da cittadino sia italiano che francese, è cresciuto parlando francese, non italiano, ma all’età di 11 anni, la sua famiglia si è trasferita a Roma, dove Richard (Riccardo) ha frequentato la scuola internazionale Lycée Français Chateaubriand, dove ha appreso rapidamente l’italiano, l’inglese e successivamente lo spagnolo e altre lingue (il suo plurilinguismo si sarebbe successivamente dimostrato utile nella sua carriera). Come numerosi musicisti del mondo pop-rock (Beatles, Rolling Stones ecc.), Cocciante non ha ricevuto una educazione musicale formale, il che è piuttosto notevole visti i suoi successi, che comprendono non solo la composizione di innumerevoli canzoni, ma anche quattro opere musicali.
Alimentato dalla sua intensa passione per la musica, il pianista autodidatta iniziò a suonare nella scena dei club degli anni ’60 a Roma con la sua band The Nations, cantando prevalentemente in inglese. Nel 1968 arriva il primo contratto con la RCA, firmato come “Richard Conte”, per un singolo in inglese, poi è passato alla Delta Records prima di tornare nuovamente alla RCA. La collaborazione di Cocciante con i produttori e parolieri Amerigo Cassella e Marco Luberti ha dato il via alla sua carriera di cantante italiano e si è rivelata una proficua collaborazione che ha prodotto i più grandi successi di Cocciante. Il suo primo album, Mu (1972), un racconto fantasy in “5 atti” su un continente perduto, è il primo tentativo del cantante nel genere dell’opera rock psichedelico. Questo concept album doveva molto al movimento rock progressivo della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70, il debito è particolarmente evidente con il gruppo britannico King Crimson (l’iconico LP del 1969 In the Court of The Crimson King) e, in Italia, The New Trolls (Concerto Grosso, 1971). Il secondo album di Cocciante, Poesia (1973), segna l’emergere del suo suono e della sua voce distintivi. La canzone del titolo ha attirato più attenzione dopo essere stata coperta dalla cantante pop Patty Pravo. Ma è il suo terzo album, Anima (1974), che lo lancia veramente e gli guadagna la fama.
Ogni canzone di Anima presenta una scrittura e una produzione meticolose, grazie anche alla collaborazione con Luberti e Cassella e agli arrangiamenti del leggendario Ennio Morricone. L’album di riferimento consolida anche l’inimitabile stile di Cocciante: una strofa continua (che sostituisce le tradizionali due strofe + struttura del ritornello) che lentamente si trasforma in un crescendo, culminando in un finale appassionatamente esplosivo, roco e acuto. Questi tratti sono molto evidenti nelle due canzoni che ho scelto di tradurre e commentare dall’album: “Bella senz’anima” e “Quando finisce un amore“, due dei più grandi successi di Riccardo. Altri pezzi notevoli di questo LP sono: “Il mio modo di vivere”, “Qui”, “Lucia”, “L’odore del Pane” e “Se io fossi”. Queste ultime tre canzoni dovrebbero interessare gli studenti di lingua e letteratura italiana, poiché fanno abbondante uso del congiuntivo (sono particolarmente utili per il Periodo Ipotetico). “Se io fossi” ha anche un risvolto letterario in quanto è un adattamento del celebre sonetto: “Se io fossi foco” di Cecco Angiolieri (1260-1312), adattato anche da Fabrizio De André nel 1968.
La popolarità di Cocciante è ribadita dal suo quarto album, L’alba (1975), che contiene una dedica a suo padre (“A mio padre”), e la cui title track, “L’alba”, ha le caratteristiche vocali e musicali presenti nel precedente LP: un inizio morbido e melodico e un crescendo (con un battito più pronunciato) che si accumula finché non esplode in un intenso grido rauco. Mantenere il successo nella musica è sempre difficile; tuttavia, Cocciante ha scalato nuovamente le classifiche con il suo album del 1976, Concerto per Margherita. La canzone che dà il titolo, “Margherita“, è sicuramente la sua ballata più celebrata e più venduta e più richiesta ancora oggi. Dato il suo successo internazionale dentro e fuori l’Italia (Spagna, America Latina, Francia ecc.), nonché la sua melodia ipnotica, sarei negligente se non dessi a “Margherita” il dovuto merito con una traduzione e un degno commento. Cocciante chiude il decennio, dopo aver pubblicato quasi un LP all’anno, con altri due album: Riccardo Cocciante (1978) e E io canto (1979). Ancora una volta, la title track di quest’ultimo album, “Io canto”, ha scalato rapidamente le classifiche ed è rimasta così duratura che Laura Pausini ha deciso non solo di coprire la canzone, ma anche di intitolare il suo album del 2006 Io canto. Riemerso in duetto con la famosa Lara Fabian, “Io canto” è stato ri-registrato in una versione italo-francese per l’album Greatest Hits di Pausini (2013). Con il finire degli anni ’70, il decennio di maggior successo di Cocciante, termina anche la sua fruttuosa e memorabile collaborazione con il paroliere Marco Luberti.
Sebbene gli anni ’80 siano meno fiorenti rispetto al decennio precedente, sono comunque testimoni di un cambiamento musicale e di alcune interessanti collaborazioni. Il decennio si apre con la prima collaborazione di Cocciante con Mogol (paroliere di lunga data di Lucio Battisti). Nel 1980 esce l’LP Cervo a primavera, la cui title track è sottotitolata “Io rinascerò”, alludendo certamente alla nuova collaborazione e alla nuova fase musicale.
Il lavoro successivo, pure frutto di una collaborazione, è Q Concert (1981), una registrazione dal vivo con Rino Gaetano e il gruppo New Perigeo, lascia molto a desiderare (soprattutto la loro interpretazione di “Imagine” di John Lennon). L’LP seguente, Cocciante (1982), segna una svolta musicale per Riccardo, che, influenzato da Mogol, lascia il suo caratteristico crescendo e adotta uno stile più battistiano, abbastanza evidente nella canzone “Celeste Nostalgia”. Un altro marcato distacco emerse dalla collaborazione di Cocciante con il gruppo rock americano Toto (quelli della famosa “Africa”), che produsse il CD Sincerità (1983). Molto suggestive sono le tastiere percussive di James Newton Howard (co-produttore e arrangiatore), in particolare nella title-track, “Sincerità”. Il 1983 segna anche l’anno del matrimonio di Riccardo con Catherine Boutet, che diventa la sua manager. L’album del 1985 di Riccardo, Il mare dei papaveri (altra joint venture con Mogol), è melodico e ben arrangiato, ma manca di innovazione. L’eccezione è il brano “Questione di feeling”, un duetto con la grande Mina, uscito anche come singolo che ha scalato le classifiche per oltre 17 mesi. Quando si vuole bene (1986) è un doppio album live, e quindi contiene brani già registrati. Il decennio si chiude con due CD: Viva! (1988), altro album da concerto, e La grande avventura (1988), prodotto da Mogol e Lucio Dalla, la cui affascinante title track offre un’anticipazione del tipo di composizione musicale che Cocciante svilupperà verso la fine degli anni ’90. Nel complesso, tuttavia, gli anni ’80 impallidiscono rispetto al successo ottenuto negli anni ’70. Inoltre, le varie collaborazioni e i generi mutevoli di Cocciante mi suggeriscono, se non un leggero crollo creativo, almeno la ricerca di uno stile o una direzione più innovativi.
Gli anni ’90 iniziano nel migliore dei modi con la nascita del primo e unico figlio maschio di Caterina e Riccardo, David, e con la tanto attesa vittoria del cantante al prestigioso Festival di Sanremo con il bellissimo melodico (e ancora popolare) “Se stiamo insieme”, brano del CD Cocciante (1991), che comprende anche un duetto con Paola Turci, “E mi arriva il mare”. Il successo è seguito da diversi CD, la maggior parte dei quali sono raccolte di ballate romantiche: Eventi e mutamenti (1993); Il mio nome è Riccardo (1994), che ha solo tre brani inediti; Un Uomo Felice (1994), una raccolta di duetti con vocalist donne (Mietta, Mina, Scarlett Von Wollenmann e Francesca Belenis); e un altro CD di ballate, Innamorato (1997). Il decennio si chiude in bellezza con tre DVD di concerti live usciti nel 1998: Istantanea (una tournée di concerti), Notre-Dame de Paris (un’opera musicale all’Arena di Verona, discussa nella sezione successiva), e Christmas In Vienna V (un concerto organizzato da Plácido Domingo, con Sarah Brightman, Helmut Lotti e Riccardo Cocciante). Le canzoni, le performance e le registrazioni di Riccardo con altri artisti, dentro e fuori l’Italia, sono troppo numerose per essere elencate, vanno da concerti con Andrea Bocelli, collaborazioni con diverse cantanti femminili, alla registrazione della colonna sonora italiana di Toy Story. Infine, è molto importante notare che per quasi 30 anni, Cocciante è riuscito a registrare ben 35 album in altre lingue: 4 in inglese (dal 1976 al 2008), 15 in francese (dal 1974 al 2005) e 16 in spagnolo (dal 1974 al 2005), il che gli ha portato una fama internazionale.
Oltre a concerti e registrazioni, negli ultimi due decenni Cocciante ha realizzato uno dei suoi sogni di una vita: comporre opere musicali. In collaborazione con il paroliere franco-canadese Luc Plamondon, Riccardo ha composto le musiche per il musical francese Notre-Dame de Paris (adattamento del romanzo di Victor Hugo), che ha debuttato trionfalmente a Parigi nel 1998. Sono seguiti spettacoli acclamati dalla critica in 18 diversi paesi del mondo spingendo Notre Dame nel Guinness dei primati come il musical di maggior successo nel suo primo anno. Davvero impressionante per qualcuno che non ha mai studiato composizione musicale! Ma insieme alla fama e alla fortuna sono arrivate gravi complicazioni finanziarie, poiché Riccardo e sua moglie Catherine furono successivamente condannati dal governo francese per evasione fiscale, anche se all’epoca non erano residenti in Francia. Il successo di Notre-Dame de Paris (pubblicato anche su DVD e CD) ha portato ad altre due opere: Le Petit Prince (2002) e Giulietta e Romeo. Quest’ultimo ha debuttato nel 2005 con alcune centinaia di invitati speciali nel monumento più identificabile di Roma, il Colosseo, seguito da spettacoli nel 2007 per il tutto esaurito in un altro antico anfiteatro romano, l’Arena di Verona (la città in cui la tragica storia d’amore di Romeo e Giulietta era originariamente ambientato), prima di intraprendere tournée in tutto il mondo. L’ultimo progetto di Riccardo è stato annunciato nel 2019 nella Città Proibita di Pechino in Cina: un musical basato sulla famosa opera Turandot di Giacomo Puccini (ambientato in Cina). Umiliato dall’insuperabile talento di compositori classici come Puccini, l’intento di Cocciante è quello di portare i suoi adattamenti letterari e operistici a un pubblico molto più ampio, definendo queste opere non come musical, ma come ‘opera per il popolo’. Una collaborazione est-ovest, l’impresa della composizione musicale di Turandot di Cocciante coinvolge il paroliere Chen Su e il regista Zhang Yimou, oltre a designer francesi e italiani per scenografie, luci e costumi. La grande produzione di Turandot di Cocciante avrebbe dovuto fare un tour in Cina nel maggio 2020, ma il Covid-19 ha fermato tutto ciò. È piuttosto simbolico che per certi versi questo progetto sia un ritorno non solo al continente natale di Riccardo, ma anche al suo primo LP, Mu (1972), un concept album e rock-opera che racconta la storia di un continente perduto nell’oceano Pacifico asiatico. Da allora, è stato un lungo e affascinante viaggio musicale per il Piano Man italiano. In effetti, pochissimi cantautori italiani possono vantare una carriera globale eccezionale che abbraccia 50 anni impressionanti. La fortunata incursione di Riccardo Cocciante nelle “opere per il popolo” negli ultimi due decenni è senza dubbio una testimonianza non solo delle sue esplorazioni creative in continua evoluzione, ma anche della sua eterna dedizione e passione per la musica.
“Margherita”: un’allegoria dell’amore.
Di Ernesto Virgulti (Brock University)
“Margherita” è forse il più grande successo di Cocciante, non solo in Italia ma anche in Francia, Spagna, America Latina e persino in Olanda. A contribuire al vasto e duraturo successo della canzone, anche cinquant’anni dopo, ci sono ovviamente l’accattivante melodia di Cocciante, il suo fraseggio espressivo inimitabile e l’uso del crescendo (il suo marchio compositivo e vocale). Tuttavia, questa canzone tanto amata è stata quasi espunta dall’album Concerto per Margherita (1976) ed ha rischiato di esserne del tutto eliminata. Anche l’arrangiatore e ingegnere dell’LP, Vangelis (autore della famosa “Chariots of Fire”), aveva serie riserve. Dobbiamo ricordare che durante la metà degli anni ’70 l’Italia stava affrontando il suo periodo politico più oscuro dopo il fascismo. Soprannominata “gli anni di piombo“, l’era vide il terrorismo in pieno vigore, con attentati di massa e culminati con il rapimento e l’omicidio del leader democristiano ed ex Primo Ministro Aldo Moro e delle sue cinque guardie del corpo (1978). Abbastanza comprensibilmente, Cocciante e i suoi collaboratori presumevano che una canzone melodica e romantica come “Margherita” non fosse adatta all’epoca, dominata dalla “strategia della tensione” e della violenza e, nella musica, dalle canzoni di protesta politica. Fortunatamente, il capo della RCA Italia, Ennio Melis, la pensava diversamente. Il mitico Melis, che ha lanciato la carriera della maggior parte dei cantautori italiani, convinse addirittura Cocciante a intitolare l’album Concerto per Margherita.
A parte il clima politico, ci sono stati anche dei problemi nel processo di scrittura. Nonostante i loro migliori sforzi, Cocciante e il paroliere Marco Luberti erano caduti in un blocco dello scrittore. Dopo aver lavorato instancabilmente alla canzone per tutto il giorno e tutta la notte, non riuscendo a trovare parole che li soddisfacessero, Cocciante e Luberti si decisero di porre fine alla loro collaborazione. Ma alle 4:00 Luberti ha avuto un momento di ispirazione. In pratica il paroliere è riuscito a usare il blocco dello scrittore a proprio vantaggio, e il resto delle liriche scorreva. In effetti, i primi versi sono abbastanza autoreferenziali, incentrati sulla frustrazione e l’ansia dello scrittore (“io non posso stare fermo… tante cose devo fare prima che venga domani… non posso riposare”). Lavorando insonne fino a notte fonda, il cantautore teme che la già “lunga notte” diventi “nera più del nero” e lo precipiti in una disperazione più profonda. Invoca quindi la “dolce luna” per illuminare l’intero cielo, rompere il silenzio della notte oscura e illuminarlo per completare la sua canzone prima che il sole e Margherita sorgano al mattino. L’associazione di Margherita con il sole attinge a una retorica romantica piuttosto familiare: la metafora Sole-Luna, usata per raffigurare gli amanti, ricorda una pagina tratta da Romeo e Giulietta di Shakespeare, dove Romeo è la luna e “Giulietta è il sole” (II, ii). Il cantante spera che la sua canzone (e il sole) non solo riporti il bel sorriso di Margherita, ma svegli anche tutti gli innamorati. Tuttavia, oltre all’autoreferenzialità della canzone, ci sono altri aspetti interessanti, sia musicali che lirici.
Sebbene l’inizio di “Margherita” sia piuttosto cupo (la notte lunga e buia), diventa presto gioioso, con immagini luminose, colorate, idilliache. Il verso in cui gli innamorati corrono e ballano beatamente per le strade e dipingono vividamente le mura e i palazzi della città (forse un po’ esuberante), ricorda abbastanza il movimento Flower Child – Free Love della fine degli anni ’60. Nel verso successivo, infatti, raccolgono fiori per costruire una culla in modo da poter fare l’amore al calar della sera. Le immagini dei fiori (a parte il riferimento agli anni ’60) sono, ovviamente, molto appropriate. In molte culture e mitologie, i petali bianchi della margherita simboleggiano nuovi inizi, innocenza e purezza. Ma la margherita rappresenta anche il vero amore in quanto ha due parti separate ma integrate: i petali e il fiorellino al centro. Inoltre, il termine margherita (in inglese daisy) deriva dall’antico inglese day’s eye, occhio del giorno, perché ̶-come un occhio ̶-si chiude di notte e si apre al mattino quando sorge il sole. Non è quindi un caso che Margherita dorma profondamente la notte e che il cantautore faccia segno al sole di splendere come non ha mai fatto prima, affinché il suo sorriso luminoso possa tornare ancora una volta:
Margherita è dunque un’ode al fiore, a un perfetto amante o ad una dea? L’atto di offrire un’abbondanza di fiori in primavera (“tutti i fiori che può darci Primavera”) a questa creatura perfetta, come una stella del cielo (“Poi saliamo su nel cielo, e prendiamole una stella”) suggerirebbe un’allusione a una dea mitologica, forse in una scena simile al famoso dipinto di Botticelli Primavera (circa 1480). La scelta della stagione è, ovviamente, molto appropriata, perché la primavera è un periodo in cui non solo i fiori sbocciano, ma l’amore è nell’aria. Se possiede qualità da dea, Margherita è puramente un prodotto dell’immaginazione della cantante, forse creata durante uno stato onirico mentre contempla la luna alle 4 del mattino? Alla domanda su chi sia veramente questa donna misteriosa eccezionale, Cocciante ha risposto in modo abbastanza vago:
Il fraseggio espressivo di Cocciante ci convince, in un primo momento, che la Margherita perfetta è tutto (“buona, bella, dolce”) e che l’ideale è, appunto, reale (“Margherita è vera”). Allo stesso tempo, però, proclama: “Margherita è un sogno”, forse un sogno che si fa alle 4 del mattino? È troppo perfetta per essere reale? Esiste solo nella dimensione onirica dello scrittore? Anche il verso in cui il cantante ci dice che Margherita fa l’amore tutta la notte (“Margherita ama, e lo fa una notte intera”) è stratificato di ambiguità perché è strategicamente posizionato tra il verso che dichiara che è reale e il verso che afferma che è anche un sogno. Questo ovviamente solleva la domanda: fare l’amore appassionato con Margherita, in un letto di fiori, è reale o semplicemente una proiezione della sua fantasia sessuale? Certo, gli attributi di Margherita scorrono avanti e indietro tra realtà e illusione. Piuttosto degno di nota è il verso che paragona Margherita al vento:
Rappresentando sia un elemento vitale che una forza distruttiva, la natura transitoria del vento è una metafora appropriata dell’instabilità dell’amore. Sebbene chiaramente ossessionato da Margherita, il cantante è anche consapevole che lei può involontariamente spezzargli il cuore. Come il vento, l’amore può essere fugace e la passione può trasformarsi in dolore. Quindi è temerario amare qualcuno così follemente, sapendo che potresti rischiare il crepacuore? Uso i termini “temerario” e “follemente” intenzionalmente, poiché nell’ultima strofa Cocciante canta che “Margherita è tutto, ed è lei la mia pazzia”. Il suo comportamento “lunatico”, o la sua follia (la sua attrazione irrazionale) potrebbe potenzialmente finire per essere anche la sua fine. È interessante notare che il termine “lunatico”, derivato dal latino lunaticus, si riferiva originariamente a una persona malata di mente “colpita o stregata dalla luna”. L’ultima parte della definizione divenne successivamente più associata a persone in uno stato di stordimento romantico. Naturalmente, questo è anche il titolo del famoso film Stregata dalla luna (interpretato da Cher e diretto da Norman Jewison). La luna, chiaramente, ci riporta all’inizio della canzone e al menestrello lunatico di Margherita.
Mentre il testo di “Margherita” è affascinante e ricco di immagini, metafore e riferimenti, ciò che veramente ne fa un successo è la scrittura e lo stile vocale, elementi distintivi di Cocciante. La melodia, appassionata e accattivante (senza ritornello!), e il doppio crescendo sia nella musica che nella voce sincera di Cocciante sono così evocativi, commoventi e potenti che l’ascoltatore non può fare a meno di sentire e vivere la fantasia del cantante. A differenza di “Bella senz’anima” e “Quando finisce un amore”, che mettono in primo piano delusioni d’amore, rabbia e angoscia, “Margherita” è una canzone d’amore gioiosa e appassionata di lode amorosa per una donna ideale. Eppure, nell’ombra del testo c’è la consapevolezza che l’amore è anche fragile e delicato, come un bel fiore. E se il vento non è favorevole, il bell’idillio può precipitare nella disperazione: “perché Margherita è il vento e non sa che può far male”. Tale è la follia (“pazzia”) dell’amore!
NOTE:
[1] https://auralcrave.com/2018/12/31/riccardo-cocciante-margherita-una-poesia-per-una-donna-che-non-ce/