(Di Paolo Chirumbolo, Louisiana State University)
Uno dei cantautori più famosi e importanti della scena musicale italiana degli ultimi cinquant’anni, Edoardo Bennato nasce a Napoli nel 1946. Influenzato principalmente dal blues, dal folk rock e dalla musica popolare napoletana, Bennato è diventato famoso grazie alla sua tagliente ironia, alle sue canzoni satiriche, all’enfasi posta sulla fantasia e l’immaginazione come qualità da opporre alla razionalità e al pragmatismo, e alla sua difesa delle libertà individuali.
Dopo una serie di 45 giri di scarso successo (“Era solo un sogno/Le ombre,” 1966; “Marylou/La fine del mondo,” 1969; “1941/Vince sempre l’amore,” 1970), Bennato pubblica il suo primo album nel 1973. Pur non essendo un successo commerciale, Non farti cadere le braccia fa conoscere Bennato a un pubblico più ampio. Accanto a brani a carattere più sperimentale (“Ma quando arrivi treno,” “MM”), nei quali l’autore napoletano mette in mostra per la prima volta le proprie qualità di chitarrista acustico e di armonicista, l’album contiene anche alcune delle canzoni più popolari di Bennato come “Un giorno credi” (testo di Patrizio Trampetti) e “Una settimana… un giorno…”. Nel 1974, Bennato fa uscire il suo secondo disco, I buoni e i cattivi, una satira anti-sistema in cui vengono prese di mira alcune istituzioni come la scuola (“In fila per tre”), la pubblica amministrazione (“Ma che bella città”), la politica (“Uno buono,” “Arrivano i buoni”). A I buoni e i cattivi fanno seguito Io che non sono l’imperatore (1975), e La torre di Babele (1976). Entrambi i dischi continuano a trattare i temi cari al cantautore e ne fanno ancora di più una voce fuori dal coro, un outsider del panorama musicale italiano, sia dal punto di vista musicale che da quello dei contenuti.
Edoardo Bennato raggiunge il grande successo con l’uscita di Burattino senza fili (1977), senza dubbio uno dei suoi lavori più creativi e completi. L’uso che l’autore fa della favola del burattino Pinocchio, usata come allegoria dell’Italia contemporanea, rende il disco un’opera entrata a fare parte dell’immaginario collettivo della nazione. In canzoni come “Il gatto e la volpe” (su agenti musicali dai comportamenti poco etici), “Quando sarai grande” (sui rapporti tra adulti e bambini), “Il grillo parlante” e “Dotti, medici e sapienti” (sull’arroganza degli intellettuali benpensanti), e “La fata” (una splendida ballata sullo sfruttamento delle donne), Bennato descrive un paese moralmente corrotto di cui l’artista è la voce della coscienza. Il successo commerciale e di critica di Burattino senza fili fu eguagliato da quello che molti critici considerano il capolavoro del cantautore napoletano: Sono solo canzonetta (1980). Preceduto di qualche settimana dall’uscita di Uffà, uffà (1980), una sorta di divertissement sperimentale, Sono solo canzonette segue il solco tracciato da Burattino senza fili. Bennato usa questa volta come canovaccio la storia di Peter Pan per creare un’opera in cui analizzare temi quali l’esistenza di una società utopica (“L’isola che non c’è”), l’innocenza dei bambini (“Nel covo dei pirati”), il potere dell’immaginazione (“Ma che sarà”), e la battaglia contro il conformismo sociale (“Tutti insieme lo denunciam”). “Sono solo canzonette”, che dà il titolo all’album, è un manifesto auto-referenziale in cui Bennato sostiene il proprio diritto di essere onesto e di “dire sempre quello che mi va”, senza compromessi. Il disco, un pastiche postmoderno che mescola rock, folk acustico, opera lirica e ritmi swing, rappresenta per molti aspetti il vertice della carriera di Bennato, il suo successo più grande.
Dopo un periodo di tre anni, durante i quali Bennato suona in concerto riempiendo gli stadi d’Italia e appare spesso in televisione, il cantautore registra il suo ottavo album È arrivato un bastimento (1983). L’album, che si basa sulla storia del Pifferaio magico, non ha la stessa coerenza artistica dei suoi predecessori. Nonostante esibisca la versatilità musicale di Sono solo canzonette (nel disco sono presenti sonorità rock, classiche, reggae ed elettroniche), È arrivato un bastimento è un disco meno ispirato, e anche i testi cominciano a essere ripetitivi e scontati. Per catturare su vinile l’energia e l’entusiasmo dei suoi proverbiali concerti, nel 1984 Bennato pubblica un album dal vivo dal titolo È goal. La canzone che dà il titolo al disco è la prima incursione del cantante nel mondo del calcio, lo sport più amato in Italia. L’uscita di Kaiwanna (1985) rappresenta un chiaro tentativo di rompere con il passato e reinventare la propria identità di musicista. Il disco, dominato dal suono di chitarra elettriche distorte, tastiere e sintetizzatori, si rivela un insuccesso sia commerciale che critico. Prima della fine degli anni Ottanta Bennato produce altri due album: OK Italia (1987), e Abbi dubbi (1989) che completano la conversione commerciale del cantante napoletano.
Nel 1990 Bennato pubblica “Un’estate italiana” (nota anche come “Notti magiche”), il suo più grande successo commerciale. Composta da Giorgio Moroder (“To Be Number One”), la canzone viene tradotta e interpretata da Bennato e Gianna Nannini ed è usata come sigla ufficiale di Italia 90, i mondiali di calcio svoltisi in Italia. La carriera di Bennato continua negli anni successivi con la registrazione di opere come Il paese dei balocchi (1992), Se son rose fioriranno (1994), Le ragazze fanno grandi sogni (1995), Sbandato (1998), L’uomo occidentale (2003), Pronti a salpare (2015), di raccolte antologiche (Sembra ieri, 2000; Salviamo il salvabile, 2006; Sono solo canzonette – The Best Of, 2016), e dischi dal vivo (… Io c’ero…, 2006; Edoardo Live Tour 2012, 2012). Nonostante non sia stato più in grado di ripetere i grandi successi degli anni passati, Bennato rimane uno dei cantautori più amati della musica italiana contemporanea.