“Mentre solcavamo l’immobile palude,
mi si parò davanti uno spirito coperto di fango,
allungò verso la barca entrambe le mani
ma Virgilio pronto lo respinse dicendogli:
“Via di qui, vattene a stare con gli altri maledetti!”
Ed io: “Maestro sarei molto, molto desideroso,
prima di uscire dalla palude,
di vederlo immergere in questa melma”
Poco dopo vidi gli iracondi
fare di lui un tale scempio,
che per esso ancora glorifico e rendo grazie a Dio”
Tutti insieme gridavano:
“A Filippo Argenti
A Filippo Argenti”
Ciao Dante, ti ricordi di me?
Sono Filippo Argenti,
il vicino di casa che nella Commedia
ponesti tra questi violenti,
sono quello che annega nel fango,
pestato dai demoni intorno.
Cos’è vuoi provocarmi, sommo?
Puoi solo provocarmi sonno!
Alighieri, vedi, tremi, mi temi come gli eritemi,
eri te che mi deridevi.
Devi combattere, ma te la dai a gambe levate,
ma quale vate? Vattene!
Ehi, quando, quando vuoi, dimmi, dimmi dove!
Sono dannato ma te le dò di santa ragione!
Così impari a rimare male di me,
io non ti maledirei, ti farei male Alighie-ri!
Non sei divino, individuo, se t’individuo, ti divido!
È inutile che decanti l’amante, Dante,
provochi solo cali di libido!
Il mondo non è dei poeti, il mondo è di noi prepotenti!
Vai rimando alla genti che mi getti nel fango,
ma io rimango l’Argenti!
Argenti vive, vive e vivrà,
sono ancora il più temuto della città,
sono ancora il più rispettato, quindi cosa t’inventi?
Se questo mondo è l’Inferno allora sappi
che appartiene a Filippo Argenti.
Poeta tu mostri lo sdegno a Filippo Argenti,
ma tutti consacrano questo regno a Filippo Argenti,
le tue terzine sono carta straccia,
le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno!
Poeta tu mostri lo sdegno, a Filippo Argenti,
ma tutti consacrano questo regno, a Filippo Argenti,
le tue terzine sono carta straccia,
le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno!
Non è vero che la lingua ferisce più della spada,
è una cazzata,
cosa pensi che tenga più a bada,
rima baciata o mazza chiodata?
Non c’è dittatore che abdichi perché persuaso,
pare che qui nessuno sappia nemmeno che significhi abdicare, ma di che parliamo?
Attaccare me non ti redime, eri tu che davi direttive,
per annichilire ogni ghibellino, Cerchio 7, giro primo!
Fatti non foste per vivere come bruti,
ben detta,
sputi vendetta,
dalla barchetta di Flegias,
complimenti per la regia!
Argenti vive, vive, vivrà,
alla gente piace la mia ferocità,
persino tu che mi anneghi a furia di calci sui denti,
ti chiami Dante Alighieri,
ma somigli negli atteggiamenti,
a Filippo Argenti.
Poeta tu mostri lo sdegno a Filippo Argenti,
ma tutti consacrano questo regno a Filippo Argenti,
le tue terzine sono carta straccia,
le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno!
Poeta tu mostri lo sdegno a Filippo Argenti,
ma tutti consacrano questo regno a Filippo Argenti,
le tue terzine sono carta straccia,
le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno!
Stai lontano dalle fiamme, perché ti bruci,
guardati le spalle, caro Dante, è pieno di bruti!
Tutti i grandi oratori sono stati fatti fuori
da signori violenti e nerboruti.
Anche gli alberi sgomitano per un po’ di sole,
il resto sono solo inutili belle parole,
sono sicuro che in futuro le giovani menti,
saranno come l’Argenti e l’arte porterà il mio nome!
Filippo Argenti!
Filippo Argenti!
Filippo Argenti!
Filippo Argenti!
“Lo lasciammo là, nella palude, e non racconto altro.”
Di Francesco Ciabattoni (Georgetown University)
L’abilità di Caparezza nella riscrittura di Inferno VII coinvolge tutti gli aspetti estetici della canzone, dalla musica, all’immagine, al testo, al videoclip, in cui il cantante impersona Dante e il suo antagonista fiorentino Filippo Argenti. Più precisamente, “Argenti vive” esplora il rapporto tra canzone e tradizione letteraria, ibridando il motivo dantesco con un dispositivo specifico del genere rap, il “dissing”. Si tratta di una forma altamente codificata e ampiamente rappresentata nel rap, compreso il rap italiano, in cui un rapper ne sfida un altro a suon di rime volanti e insulti, più o meno allo stesso modo in cui i poeti medievali scrivevano tenzoni (tenso in provenzale), o dibattiti polemici, spesso satirici o veementemente personali. La tenzone di Dante con Forese Donati è diventata un caso letterario che non ha cessato di produrre risposte critiche tra gli studiosi. “Argenti vive” attiva così una rete intertestuale di riferimenti molto carica, perché il “dissing” di Argenti / Caparezza contro Dante può essere paragonato a una tenzone tra poeti, ma tradotto, ovviamente, nel contesto rap. Non è inconcepibile attendersi una tale consapevolezza letteraria da un autore intelligente come Caparezza, e vedere la sua canzone come un’allusione alla tradizione poetica del tenzone: come Filippo Argenti sfida fisicamente il pellegrino in Inferno VII, Caparezza sembra sfidare lo stesso Dante e lo fa come un rapper che sfida un poeta: non un poeta qualunque, ma il Poeta per eccellenza. Il cantautore e interprete qui sfrutta molteplici strati estetici e dispositivi del genere rap per impegnarsi in un dialogo tra rap e poesia, tra cultura pop e cultura istituzionale, che è allo stesso tempo un omaggio e una discussione critica sull’attuale rilevanza della poesia di Dante.