La locomotiva

Francesco Guccini (1972)

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l’immagine sua:
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli.

Conosco invece all’epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista ferroviere,
i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch’esso un mito di progresso
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti.

E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano,
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite!

Ma un’altra grande forza spiegava allora le sue ali,
parole che dicevano “Gli uomini son tutti uguali”
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria e illuminava l’aria,
la fiaccola dell’anarchia,
la fiaccola dell’anarchia,
la fiaccola dell’anarchia!

Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione,
un treno di lusso, lontana destinazione,
vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava a un treno pieno di signori,
pensava a un treno pieno di signori,
pensava a un treno pieno di signori.

Non so che cosa accadde, perché prese la decisione,
forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore:
dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore!

E sul binario stava la locomotiva,
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d’acciaio,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno!

E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto,
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura…

Correva l’altro treno ignaro e quasi senza fretta,
nessuno immaginava di andare verso la vendetta,
ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
“Notizia di emergenza, agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno!”

Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva,
e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria:
“Fratello, non temere, che corro al mio dovere!
Trionfi la giustizia proletaria,
trionfi la giustizia proletaria,
trionfi la giustizia proletaria!”

E intanto corre, corre, corre sempre più forte
e corre, corre, corre, corre verso la morte,
e niente ormai può trattenere l’immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
della grande consolatrice,
della grande consolatrice,
della grande consolatrice.

La storia racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta.
Con l’ultimo suo grido d’animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo…
Lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava.

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva
lanciata a bomba contro l’ingiustizia,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia!

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