Di Francesco Ciabattoni (Georgetown University)
Le canzoni della mala rappresentano un genere musicale italiano che, tra gli anni ’50 e gli ’80, ha saputo catturare l’immaginario collettivo, offrendo un affresco crudo e poetico, talvolta ferocemente ironico, della vita ai margini, specialmente a Milano e dintorni. Se Oriana Binik (p. 47) fa risalire a Gli scamiciati (1881) di Paolo Valera l’invenzione di una narrativa della mala, si può dire che a iniziarne la trasposizione in canzoni fu l’ambiente coagulatosi intorno al Piccolo Teatro di Milano e a Giorgio Strehler alla fine degli anni ’50.
Il primo disco fu Le canzoni della malavita (1958), che Ornella Vanoni presentò al Festival dei due mondi di Spoleto nel 1959. Vanoni fu senz’altro l’interprete più iconica delle canzoni della mala, basti ricordare la sua celebre interpretazione di “Ma mì” e “Le mantellate,” entrambe scritte da Strehler e Fiorenzo Carpi nel 1959 (ma “Le mantellate” è scritta in romanesco e forse risultò più convincente l’interpretazione di Gabriella Ferri). Nello stesso anno Vanoni interpretò anche “Hanno ammazzato il Mario,” con testo di Dario Fo. Seguirono canzoni come la fortunatissima “Ballata del Cerutti” (1960, Giorgio Gaber e Umberto Simonetta), poi Enzo Jannacci e Walter Valdi con “Faceva il palo” (1966), “La balilla,” incisa da Gaber insieme a Maria Monti nel 1963. Quest’ultima è in verità una canzone popolare (Binik 50), riproposta in chiave “moderna” dai cantautori di grido di quegli anni. Si assisteva, infatti, a un rilancio della cultura popolare un po’ in tutti i campi, e diversi brani tradizionali del repertorio regionale e dialettale furono inclusi nei canti della mala, come per esempio il “Canto di carcerati calabresi,” arrangiato da Gino Negri e interpretato da Vanoni.
Ambientate tra le osterie e le borgate popolari, le canzoni della mala raccontano storie di vita, amori, vendette e miserie umane, attraverso un linguaggio semplice e diretto, spesso ironico e graffiante, con frequente ricorso ai dialettismi.
Le canzoni della mala non sono solo un prodotto di puro intrattenimento, ma riflettono le trasformazioni sociali e politiche dell’Italia del dopoguerra, mettendo per la prima volta al centro dell’interesse la marginalità, gli esclusi, i malviventi, la periferia. Attraverso le loro melodie e i loro testi, questi brani hanno offerto uno spaccato autentico della realtà, pur attraverso una romanticizzazione del crimine e dell’ambiente popolare, denunciando le disuguaglianze di una società in rapida evoluzione.
La forza di queste canzoni risiede nella loro capacità di parlare un linguaggio universale, di toccare corde profonde nell’animo umano. La collaborazione tra artisti di diverse discipline, come il teatro, la musica e la poesia, ha dato vita a opere d’arte uniche e indimenticabili.
CANZONI DELLA MALA:
Hanno ammazzato il Mario (Ornella Vanoni)
La balilla (Giorgio Gaber e Maria Monti)
Le mantellate (Gabriella Ferri)
Ma mì (Ornella Vanoni)
Faceva il palo (Enzo Jannacci)
Bibliografia:
Binik, Oriana. “«Mi tolgo gli orecchini, sono frivoli» Le canzoni della mala milanese tra autenticità e romanticismo” in Studi culturali 1, aprile 2017, pp: 47-72
Guaitamacchi, Ezio. 1000 canzoni che ci hanno cambiato la vita. Rizzoli, 2009.
Pedrinelli, Andrea. La canzone a Milano: Dalle origini ai giorni nostri, Hoepli, 2015.
Plastino, Goffredo. Cosa Nostra Social Club, Il saggiatore, 2014.