(Napoli, 1912 – Napoli, 2003)
Di Pasquale Scialò (Università S. Orsola Benincasa, Napoli)
(Articolo apparso su Il Corriere del Mezzogiorno, 14 Marzo 2023, p. 13)
La vita di Roberto Murolo, uomo“bionico” secondo Pino Daniele, per la sua energia e longevità, potrebbe tranquillamente costituire il soggetto per una serie televisiva in sette episodi. La sua è una figura poliedrica che racconta una storia densa di episodi custoditi in una preziosa Casciaforte, per usare il titolo di un brano a lui caro: dall’interprete al chitarrista, dall’attore all’autore di successo, fino all’attento divulgatore dei repertori della canzone.
La prima puntata lo ritrae in una scena borghese alla Riviera di Chiaia, frequentata da poeti, come Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio, alla presenza del padre Ernesto (Napoli 1876-1939) poeta, giornalista, scrittore teatrale e autore di canzoni di successo, i cui versi evocano le luminose gouache dei paesaggi ottocenteschi:”’O cunto ’e Mariarosa,” “Pusilleco addiruso.”
In tenera età il giovane non sembra motivato a intraprendere una carriera artistica, probabilmente anche per l’ingombrante presenza paterna: pratica diversi sport, pugilato, nuoto, canottaggio; frequenta il ginnasio e studia privatamente sassofono, fisarmonica e chitarra strumento quest’ultimo da cui non si separerà più. Poi, quando viene assunto nella Compagnia del gas, ha un ripensamento e inizia a dedicarsi all’attività musicale.
La seconda puntata lo vede con un gruppo di amici ad ascoltare jazz e le forme vocali “a cappella” in cui le voci imitano gli strumenti di una band. Uno stile musicale diffuso dai Mills Brothers le cui performance, in brani come “Nagasaki” o anche “Funiculì Funiculà,” risultano ancora oggi di grande creatività. Su questa falsariga Murolo fonda nel 1934 il quartetto dei Mida e successivamente incide per La Voce del Padrone Ho le scarpe strette e Le tre papere, iniziandouna tournée che li porta a esibirsi in Ungheria, Germania e Spagna. Intanto nel 1939 muore il padre lasciando la famiglia in condizioni economiche precarie che lo spingono a preparare il ritorno a Napoli che avviene nel 1946 nella città distrutta dai bombardamenti e in lenta ripresa.
La terza puntata lo riprende al Tragara Club di Capri applaudito dal pubblico mentre interpreta solo cu na voce e na chitarra brani tradizionali, restituendo piena centralità al canto e comprensione al testo poetico. Così Murolo, come in un sentito omaggio alla memoria paterna intona Napule ca se ne va! e Suspiranno. È tale il successo che la formula del cantante chitarrista, retaggio borghese dell’antica arte dei gavottisti e dei posteggiatori,[1] viene ospitata alla radio con la trasmissione dal titolo La dolce voce di Capri.
È in questa fase che si delinea il suo profilo artistico in bilico tra una cultura ereditaria, appresa per immersione nella famiglia d’origine, e una d’acquisto, legata a repertori d’importazione. Quest’ultimi ora li ritrova anche a Napoli diffusi dalla radio e nei V-disc, i dischi della vittoria, nati per le truppe militari con esecuzioni memorabili da Duke Ellington a Frank Sinatra. Intanto la sua estensione vocale si fissa nel registro baritonale con uno stile personale, sottratto sia al canto “impostato” che a quello “a distesa” di matrice folclorica. Ne scaturisce una nuova “griffe vocale” capace di realizzare una perfetta fusione tra timbro confidenziale da crooner e quello da fine dicitore che sposa il caldo tono di Bing Crosby con quello espressivo di Gennaro Pasquariello. Così White Christmas e Na sera ’e maggio convivono in una esemplareincisione del 1948.
Nella quarta puntata troviamo Murolo, tra spartiti e “copielle”,[2] intento alla preparazione di Napoletana, Antologia cronologica della canzone napoletana, una storia cantata con 160 brani a partire dal 1200, distribuiti in 12 LP. Il lavoro, edito tra 1963 e il 1965, si avvale del chitarrista Eduardo Caliendo e include alcuni “antefatti” della canzone classica d’autore di fine ‘800 – come i brani di tradizione orale “aggiustati” secondo i gusti della Salonmusik borghese, in gran parte ripresi dalla raccolta L’eco di Napoli di Vincenzo De Meglio (“Canto delle lavandaie del Vomero,” “Cicerenella”)– e altre forme di musica vocale, tra cui la villanella.
Nella successiva quinta puntata l’attività di Murolo si allarga anche a quella autorale con la creazione, secondo lo studio di Gianni Cesarini di circa 100 canzoni. Il componimento più ispirato è ’O ciucciariello (1951), un bozzetto rurale con melodia di Nino Oliviero, costruita su intervalli cromatici discendenti e appoggiature. Sempre come autore partecipa ad alcuni Festival della canzone napoletana ottenendo due vittorie, entrambe con musiche di Renato Forlani: “Sarrà chi sa!” del 1959 con le voci di Fausto Cigliano e Teddy Reno, e “Marechiaro Marechiaro”del 1962, scritto con la sorella Maria e cantato da Sergio Bruni e Gloria Christian.
Nella puntata sesta il lavoro interpretativo procede a pieno ritmo su autori come Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, E.A. Mario e suo padre Ernesto Murolo, fino a un pregevole tributo alle canzoni teatrali di Raffaele Viviani. E anche su filoni come quello comico con l’incisione di Come rideva Napoli(1967). Trascura solo il genere della sceneggiata ritenuto, a differenza del passato, solo un Varietà commerciale.
Negli anni Settanta la sua attività ha raggiunto mete di tutto rispetto che lo collocano tra le figure centrali della musica italiana.
Ma la storia continua negli anni Novanta con un inatteso settimo episodio, grazie al contributo di Nando Coppeto. Nascono diversi lavori come “Na voce, na chitarra,” Ottantavoglia di cantare (1992) che contiene la canzone“Cu mme,” un successo scritto da Enzo Gragnaniello, cantato con Mia Martini. Poi arrivano le interpretazioni di brani contemporanei da “Spassiunatamente” di Paolo Conte a “Caruso” di Lucio Dalla e duetti con Peppino di Capri, Fabrizio De André, Renzo Arbore e finanche con Amalia Rodrigues.Anche Pino Daniele nel 1995 incide Roberto Murolo and friends producendo, arrangiando e accompagnando con la sua chitarra la voce dell’uomo bionico che canta “Napul’è.” Infine, il Festival di Sanremo gli consegna nel 2002 il premio alla carriera mentre si pubblica Ho sognato di cantare, il suo ultimo lavoro.
Ripercorrere i momenti della carriera di Murolo a distanza di vent’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 13 marzo del 2003, lascia davvero stupiti e fa comprendere che tanta produzione non può essere custodita in una comune Casciaforte ma, come sostiene Enzo Arbore, solo in quella parte del suo strumento vocale «sistemata tra la gola, la trachea, il naso e il diaframma, una “cassa armonica” unica, preziosa come quella di un antico Stradivari, che risuona profonda e dolcissima come nessun’altra».
[1] I “gavottisti” erano musicisti che venivano assunti per intrattenimenti privati all’inizio del Novecento. Il termine deriva da “gavotta”, ballo provenzale che in quegli anni divenne particolarmente popolare a Napoli. I “posteggiatori” erano musicisti di strada che occupano un posto fisso sulla pubblica via, talvolta formando anche dei complessi.
[2] Il termine “copiella” si riferisce generalmente a un supporto cartaceo stampato su entrambe le facciate con la riproduzione del testo verbale, del solo rigo di canto destinato agli appassionati e dilettanti che lo usano per “cominciare a canticchiare le canzoni preferite, per loro stessi o nelle serate passate con gli amici”. In Pasquale Scialò, Storia della canzone napoletana (1824-1931), Vicenza, Neri Pozza, 2017, p.38