Di Giusy Di Filippo (College of the Holy Cross)
Nel 2003 l’Italia dava l’ultimo saluto a Giorgio Gaber (cantautore, commediografo, attore, cabarettista, chitarrista e regista teatrale tra i più influenti dello spettacolo e della musica italiana del secondo dopoguerra) e canticchiava quasi collettivamente “Siamo fuori dal tunnel.” Il ritmo della canzone era trascinante e il brano divenne un vero e proprio tormentone musicale e televisivo. Oltre a imperversare in radio, venne usato come sigla autorizzata del noto programma televisivo Zelig e come colonna sonora (non autorizzata) in alcune trasmissioni delle reti Mediaset come Il Grande Fratello e Amici di Maria De Filippi. L’autore era Caparezza e, nonostante la vicenda possa sembrare paradossale, il testo era un’invettiva contro i divertimenti forzati del sabato sera e anche contro un certo tipo di tv spazzatura, vuota di contenuti e spesso di significato (“io, immune al pattume della tv di costume”).
Il successo immediato di pubblico del brano, tratto dall’album Verità supposte (2003), la sua utilizzazione a tratti compulsiva in televisione, le conseguenti proteste in rete del cantante e autore, trasformarono Caparezza in un fenomeno di massa malgré lui e, soprattutto, gli consentirono di affermarsi sulla scena musicale. Gli inizi, in effetti, non erano stati dei migliori: a partire dal 1995, a Milano, aveva cantato brani melodici rap e hip hop con il nome d’arte di Mikimix, partecipando nel 1995 e nel 1997 a due Festival di Sanremo nella sezione “Nuove proposte,” senza mai affermarsi. Tornato nella sua città d’origine, Molfetta in provincia di Bari, iniziò un nuovo percorso artistico. A partire dal nome, l’artista rinnegò tutto quello che era stato artisticamente fino a quel momento, rivisitando completamente il proprio stile musicale.
Da quel fatidico 2003, Caparezza (“testa riccioluta” in dialetto pugliese) si è imposto all’attenzione con una musica che fonde stili molto diversi. I testi sono molto critici verso la società e si distinguono per un’ironia pungente e metafore piuttosto fantastiche e irreali. Fortemente influenzato da Frank Zappa – nel 1999 ha pubblicato una demo chiamata “Zappa” e si è riferito a Zappa anche nella sua canzone “La rivoluzione del sessintutto” (2008) – è anche noto per i concept album di fusione di generi musicali.
Nel 2000 aveva pubblicato il suo primo album ?! con quattordici tracce, molte delle quali sono remake di brani originariamente pubblicati nelle demo precedenti “Con Caparezza… nella monnezza,” “Ricomincio da Capa” e “Zappa,” ma è con il secondo album Verità supposte (2003) che, come si è visto, Caparezza ottiene il successo. Nel suo secondo album, se musicalmente inizia a emergere un certo animo rock, l’autore parla di vari problemi che affliggono la realtà sociale italiana attraverso la fine del vecchio millennio e l’inizio del nuovo. I temi trattati sono, tra gli altri, la guerra (“Follie preferenziali”), la discriminazione artistica (“Nessuna razza”), il declino della televisione (“L’età dei figuranti”) e il conformismo che passa attraverso il “divertimentificio” (“Fuori dal tunnel”). In particolare, in “Vengo dalla Luna,” l’autore si affida alla figura di un alieno per parlare di un tema già allora molto attuale come quello del razzismo, sottolineando l’inopportunità della paura del diverso:
Io vengo dalla luna che il cielo vi attraversa
e trovo inopportuna la paura per una cultura diversa
chi su di me riversa la sua follia perversa
arriva al punto che quando mi vede sterza
vuole mettermi sotto ‘sto signorotto
che si fa vanto del santo attaccato sul cruscotto
non ha capito che sono disposto
a stare sotto, solamente quando fotto.
La canzoni contenute nell’album Habemus Capa (2006) rinunciano ad ogni orecchiabilità e Caparezza dà alla propria ironia toni ancora più pungenti con attenzione particolare alla politica italiana. “Inno verdano” e “Gli insetti del podere” criticano la Lega di Umberto Bossi mentre “Ninna nanna di Mazzarò” e “Gli insetti del podere” si riferiscono più o meno apertamente a Silvio Berlusconi.
Il quarto album, Le dimensioni del mio caos (2008), è un concept album dai toni più leggeri rispetto al precedente ed è concomitante al suo libro Saghe mentali. Viaggio allucinante in una testa di capa (Rizzoli, 2008), per cui il disco viene definito da Caparezza stesso un “fotoromanzo.” Da un punto di vista musicale, l’hip-hop più tradizionale tende al rap con una evidente componente rock mentre da un punto di vista dei temi, Caparezza continua nella sua critica sociopolitica a diversi livelli. L’autore esplora le infiltrazioni occulte e illecite in Italia in “La grande opera,” “Non mettere le mani in tasca” e, inoltre, le condizioni precarie dei lavoratori in “Eroe.” In “Vieni a ballare in Puglia” (anche questa canzone fraintesa da molti che l’hanno intesa come un inno gioioso a ballare), l’autore accompagna a una musica che mescola vari generi (dal folkloristico al rap) un testo che descrive in modo ironico molte delle questioni scottanti che caratterizzano la Puglia (le morti bianche, l’inquinamento, il caporalato). Il titolo stesso della canzone è una dura provocazione: il termine “ballare” indica in realtà “morire.” (“Vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia/tremulo come una foglia, foglia, foglia/tieni la testa alta quando passi vicino alla gru/perché può capitare che si stacchi e venga giù.”) Con un occhio al passato (il ’68) e uno al presente, l’autore pone l’accento sul cambiamento dei valori nei giovani (“La rivoluzione del sessintutto,” “Ilaria condizionata,” “Io diventerò qualcuno”).
Con uno stile rock-pop, Caparezza critica in modo dissacrante le certezze preconfezionate derivate dalla cultura e dalla religione nell’album Il sogno eretico (2011). Si canta del filosofo-scienziato che dopo la morte manda al diavolo tutto e tutti (“Il dito medio di Galileo”) e di un Dio che detesta le messe (“Messa in moto”). Non mancano poi riferimenti alla politica contemporanea (“Legalize the premier,” “Non siete Stato voi,” “Goodbye Malinconia”). In “Non siete Stato voi” Caparezza condanna aspramente la classe politica e istituzionale italiana per la propria ipocrisia e per la propria incapacità di gestire l’Italia. Caparezza si rivolge, tra gli altri, ai politici che fanno propaganda strumentalizzando i migranti e leggi a proprio uso e consumo, alle forze dell’ordine. Particolarmente forti, in tal senso, gli ultimi versi:
Non siete Stato voi, servi, che avete noleggiato
costumi da sovrani con soldi immeritati
siete voi confratelli di una loggia che poggia
sul valore dei privilegiati come voi
che i mafiosi li chiamate eroi
e che il corrotto lo chiamate pio
e ciascuno di voi, implicato in ogni sorta di reato
fissa il magistrato e poi giura su Dio.
In Museica (2014) prevalgono melodie rock che parlano dell’influenza dell’arte (“Teste di Modì,” “Mica Van Gogh,” “Comunque dada,” “China Town,” “Cover”) e la evocano anche quando si parla dei sentimenti umani (“Sfogati,” “Non me lo posso permettere,” “Fai da tela,” “Kitaro”) o della violenza che affligge il mondo (“Argenti vive”).
Il concept album Prisoner 709 (2017) è un disco di rottura rispetto ai temi e alla musicalità del passato. Si caratterizza per essere molto più introspettivo dei precedenti e, musicalmente, si avverte una maggiore componente elettronica che aiuta a costruire un’atmosfera asfittica di prigione immaginaria: “cantavo per fuggire dal mondo in un solo slancio, /ora che cantare è il mio mondo ne sono ostaggio.” (“Prosopagno sia!”) Tale orientamento è determinato da un grande cambiamento nella vita dell’artista: nel 2015 accusa per la prima volta un acufene. Tale affezione condiziona pesantemente il modo di percepirsi come artista e nelle canzoni Caparezza esprime la sofferenza e il senso di prigionia che lo attanaglia. Dopo quest’ultimo album ha annunciato: “Tornerò quando avrò qualcosa di nuovo da dire” e i suoi estimatori attendono con trepidazione.