

Il melting pop dei Pinguini Tattici Nucleari
(Luca Bertoloni, Università di Pavia)
I Pinguini Tattici Nucleari sono da tempo, in Italia, un fenomeno mediale di grande interesse. Nata con lo scopo di ritrovarsi per riarrangiare e suonare in chiave metal brani appartenenti al substrato culturale dei componenti, come quelli cantati durante le celebrazioni cattoliche e negli oratori oppure le sigle dei cartoni animati, nel tempo la band è stata capace di intercettare sia alcuni elementi della prima musica Indie, che quella tendenza all’ibridazione e al citazionismo che ha caratterizzato diversi filoni della canzone d’autore italiana. Oggi i Pinguini rappresentano un efficace punto di incontro tra le istanze autoriali e le esigenze del pubblico mainstream, dal momento che costruiscono brani musicalmente e testualmente raffinati, ma ugualmente capaci di imprimersi nell’immaginario facendo dialogare tra loro più generazioni grazie a una tensione costante tra nostalgia per il passato, sguardo sul presente e apertura verso il futuro. Analizzare la loro evoluzione è dunque un’occasione per riflettere, più in generale, sullo stato dell’arte del rapporto tra canzone d’autore e pubblico allargato in Italia, su fenomeni quali la brandizzazione musicale, e su come la cultura pop contemporanea italiana e internazionale venga ricostruita dal mondo musicale.
Dal nome del gruppo alla codificazione di uno stile
I Pinguini nascono nel 2010 in provincia di Bergamo da un’idea di Riccardo Zanotti e Lorenzo Pasini (oggi gli unici membri originali ancora presenti), rispettivamente cantante-batterista e chitarrista, insieme a Francesco Bernuzzi, Claudio Cuter e Cristiano Marchesi, ragazzi sedicenni provenienti da diverse zone e valli della provincia di Bergamo che si sono incontrati sui banchi di scuola.
Il nome del gruppo, scelto da Cuter e Bernuzzi, è un omaggio a una birra scozzese ad altissima gradazione alcolica che i due avevano scoperto in un pub in provincia di Brescia. Pur non piacendo agli altri componenti della band, dal momento che non sono stati loro a sceglierlo, il frontman Zanotti ormai non lo può più cambiare per via della notorietà raggiunta, per questo ha provato a giustificarlo in altri modi, per esempio come omaggio a un gruppo di pinguini che sono sopravvissuti tramite una “tattica” a un incidente nucleare come quello di Chernobyl, diventando però, appunto, tattici e nucleari. Questa spiegazione permette da subito di entrare nello stile del gruppo, i cui brani si presentano come un tentativo di lieve sovversione rispetto a una cultura mainstream che viene consapevolmente attraversata, ma di cui sono ribaltati in più occasioni i canoni, proprio come farebbero dei pinguini posseduti dall’energia nucleare. Allo stesso tempo il nome anticipa il carattere di pastiche che pervade tutta la loro produzione, e che considera la cultura come un vasto contenitore intermediale a cui poter attingere sia per cercare forme di racconto diverse – la lettera, la favoletta, la ballad amorosa, eccetera – che per scovare riferimenti alti e bassi.
Un esempio di questo stile di composizione è rappresentato già da molti brani de Il re è nudo (2014), il loro primo album (che segue l’esordio dell’E.P. Cartoni animali, del 2012), in particolare da “Test d’ingresso di Medicina”, canzone musicalmente impossibile da categorizzare che fotografa le paure del futuro di studenti che stanno per affrontare l’esame di maturità rappresentate dal test di Medicina, usato come simbolo di un sogno e di un’ambizione collettiva irrealizzabile sia perché è difficile passare la selezione, che perché le aspettative si scontrano sempre con una realtà più difficile di come appare a prima vista. Oltre a essere originale il modo con cui viene affrontato il tema, la canzone si distingue per uno stile in cui convivono riferimenti alla cultura alta (“Io mi chiedevo se ti avessi invitata al cinema / che film avresti preferito vedere / qualche sciatto film d’amore oppure intellettualoide / alla Dogma 95 o alla Quarto Potere”) con personaggi appartenenti alla cultura pop, come attrici e registi (“tu sei Keira Knightley, io sono Klaus Kinski”), rifermenti alla contemporaneità (“Magari sei della Lega o testimone di Geova / magari ti manca un rene /sarà che prendo troppo spesso Trenitalia”) e ai suoi prodotti (“è venuto prima l’uovo o le Chicken McNuggets?”) con citazioni mascherate e nascoste di titoli o versi di film, romanzi o canzoni, come: “E capire il metodo di studio solo la notte prima degli esami”, che viene dal brano “Notte prima degli esami”di Antonello Venditti; “Tu sei scappata via e io mi ritrovo ancora qua”, che viene da “Samarcanda”di Roberto Vecchioni; “così mi sono innamorato di te / forse perché non avevo niente di cui farmi”, che parafrasa un noto verso di Luigi Tenco da “Mi sono innamorato di te”; e “Come va? Come stai? Tutto bene? / Niente di nuovo sul fronte occipitale?”, che distorce con un gioco di parole il titolo del noto romanzo di Erich Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale (1928).
Grazie ai brani di questo disco i Pinguini consolidano un pubblico tutto loro tra Bergamo e dintorni, che li accompagnerà sino alla scalata verso il successo.
Gioventù brucata e l’arrivo della notorietà
Con i due dischi successivi, Diamo un calcio all’aldilà (2015) e soprattutto Gioventù brucata (2017), che si presenta già dal titolo come un gioco di parole (evocando il titolo italiano – Gioventù bruciata – di Rebel Without a Cause, film del 1955 che descrive la ribellione delle generazioni di giovani del secondo dopoguerra), i Pinguini giungono alla formazione attuale[1], e intanto codificano uno stile che eredita da un lato il filone giocoso e ludico della canzone d’autore italiana che risale a Enzo Jannacci e che passa almeno da Lucio Dalla e da Rino Gaetano, e dall’altro incorpora alcuni tratti più classici di cantautori come De André e De Gregori, tra cui la contaminazione tra elementi astratti e concreti e la ricerca di un senso di fondo dei testi da perseguire attraverso le figure del linguaggio verbale. Nello stesso tempo, sintetizzano quella tendenza alla contaminazione culturale postmoderna inaugurata da Franco Battiato negli anni Ottanta, e poi portata nello scenario popular da gruppi come Elio e le storie tese, che negli anni Novanta ne hanno fatto una cifra stilistica originale e sovversiva, e da performer come Francesco Gabbani, che negli anni Dieci del Duemila l’ha resa un elemento riconoscibile e iconico del Festival di Sanremo.
Gioventù brucata segna una svolta sul piano produttivo, dal momento che è realizzato con disponibilità economiche maggiori derivate da un ricco crowdfunding sulla piattaforma MusicRaiser, testimoniando un fandom ormai radicato non solo nella provincia di Bergamo, ma in tutto il nord Italia, e poi perché è distribuito da Sony, che amplifica “dall’alto” la possibilità di diffusione di brani come “Irene”, “Tetris” e “Sciare”, che già avevano raggiunto un pubblico ampio grazie ad alcune condivisioni virali “dal basso” sui social dei rispettivi video. La visione d’autore, nel frattempo, condisce il tono scanzonato e, di fondo, ancora piuttosto demenziale con una maggior introspezione capace di riconfigurare il presente nel passato attraverso un lirismo combinatorio. Lo si nota, per esempio, in alcune strofe proprio di “Tetris”.
Tu eri per me
l’assenza per Bresson
la corrida per Hemingway
e la rivoluzione per Danton
il fischio del treno per Belluca[2],
mi hai scandalizzato
come la Carrà in Rai col tuca tuca
[…]
Tu eri per me
ciò che l’effetto Dunning-Kruger è per
Kanye West
Tu eri per me
ciò che per gli anni 90 è stato Friends
Il taglio riflessivo è ancora più esplicito nella titletrack “Gioventù brucata”, che fa una riflessione critica nei confronti di una generazione in cui domina il conformismo, visto però come un elemento che rischia di schiacciare le ambizioni e le possibilità di realizzare i propri sogni.
Le domeniche pomeriggio passate all’Ikea
a illuminarvi di mensole con
la vostra dolce metà
i cassetti dove riponete i vostri sogni
son nascosti negli armadi dove tenete gli scheletri.
Questi elementi caratterizzano anche il successivo Fuori dall’hype (2019), primo disco realizzato con un’etichetta nazionale (Sony) in cui alcuni eccessi vengono normalizzati con l’intento – consapevole – di raggiungere un pubblico più ampio, senza, però, perdere quell’identità ormai consolidata.
La consacrazione e il grande successo
Il parziale cambio di rotta del 2019 accompagnerà i Pinguini alla definitiva consacrazione mainstream con la partecipazione al Festival di Sanremo del 2020, dove si classificheranno terzi con “Ringo Star”, un inno alla medietas e un invito a mantenere la propria identità anche laddove rischia di essere schiacciata da presenze ingombranti (quali erano, per il batterista dei Beatles a cui è dedicato il testo, John Lennon e Paul McCartney). Questa svolta si sostanzia in una tendenza a liricizzare situazioni quotidiane senza eccessivi picchi di complessità, ma con una malinconia di fondo che può essere rotta soltanto dalla risata.
Possiamo notare questi elementi in brani come “Verdura”, dove la verdura diventa correlativo oggettivo del superamento di un’assenza d’amore che consente di cacciare via ogni forma di paura (“e riesco a ridere pure quando mangio la verdura”), o in “Sashimi”, dove invece il sushi “all you can eat” ha una funzione contraria, ossia funge da valvola di sfogo – concreta e metaforica – per superare una storia d’amore che è finita a causa della partenza di lei per l’Erasmus (“Ascolta, tutto il sashimi che ingoi / non risana le ferite che ti porti dentro al cuore, ah / ordini gyoza, il cielo singhiozza / pensi al suo viaggio a Saragozza”). Queste due canzoni si caratterizzano anche per un esplicito intento di brandizzazione, ossia di imprimersi con tratti riconoscibili e pressoché unici nell’immaginario nazionale: infatti nella prima alcuni versi meta-riflettono sul nome del gruppo e su uno dei suoi possibili significati (“Siamo pinguini che non san scappare dalla foca”), mentre il video della seconda è costruito proprio con l’immagine di un pinguino fatto tutto di sushi.
Nel disco non mancano i riferimenti alla cultura tradizionale: “La banalità del mare”, per esempio, è un’evidente distorsione del noto volume di Hannah Arendt La banalità del male (1963), mentre nella ballad “Antartide” troviamo addirittura un verso in cui convivono la musica classica con la disco (“e nello studio di papà mettevi i dischi / Gigi D’Agostino e poi Stravinskij”), con evidenti echi del Battiato di “Bandiera bianca”. Questi riferimenti sono tuttavia ridotti nelle occorrenze e normalizzati proprio con l’intento di incontrare un pubblico il più possibile ampio, che non si perda in citazioni difficili da riconoscere: un esempio è l’incipit proprio di “Antartide”, che fa riferimento a una delle prime pagine del volume inaugurale della saga di Harry Potter creando un dialogo con la generazione cresciuta con la saga di J.K. Rowling, pur senza disdegnare, poco più avanti, un riferimento a Pinochet (contaminata con il marchio di un noto supermercato italiano, MD), e uno sguardo verso il mondo adulto che Hogwarts l’ha almeno sentita nominare.
Ad 11 anni quando eri piccola
aspettavi una lettera da Hogwarts
per dimostrare a tutti i tuoi compagni
che eri tu quella diversa da loro.
Sì ma non arrivò
e la bimba più dolce pianse lacrime amare
a volte però
sembra quasi tu sia ancora lì ad aspettare
e non so cosa, non so dove, non so chi, se
nessuno guarda, freghi l’uva all’MD e
disegni arcobaleni sopra Pinochet,
credi che tutte le eccezioni siano regole
Gli anni delle grandi hit
Con il 2020 inizia per i Pinguini l’età delle grandi hit, che li porterà a realizzare – ad oggi – tre dischi, di cui un EP, Ahia! (2020), che ne amplificherà il successo grazie a brani come “Pastello bianco”, “Scrivile scemo” e “La storia infinita”, capaci di imprimersi da subito nell’immaginario (i video ufficiali su YouTube dei primi due contano insieme, ad oggi[3], oltre 84 milioni di visualizzazioni), e due album interi: Fake news (2022), caratterizzato da suoni più sofisticati e da una tendenza a una riflessione più ampia di carattere sociale, e Hello World (2024), dove la narrazione del presente si apre al mondo e a questioni di interesse su scala globale.
Ahia! si caratterizza per un approccio ancora emotivo, intimo e a tratti melodrammatico, evidente – per esempio – in questi versi di “Pastello bianco”, cantati su una melodia struggente che ricalca lo stile di alcuni dei primi brani di Max Pezzali.
Per favore, non piangere
e non ci rimanere malе
che noi due ci conosciamo benе
dalla prima elementare
e scrivevo tutti i miei segreti
col pastello bianco sul diario,
speravo che venissi a colorarli
e ti giuro, sto ancora aspettando.
Lo spirito collettivo di Fake news è invece rappresentato da brani come “Giovani Wannabe”, il cui testo inizialmente crea una contrapposizione tra l’interiorità del narratore, quella della protagonista femminile a cui il narratore si rivolge e il mondo social, ma poi costruisce un’unica realtà inclusiva e collettiva a cui appartengono tutte e tre queste identità (l’uomo, la donna e i social): una collettività che è dunque posizionata e generazionale, poiché quella di Zanotti, nato nel 1994, è la prima generazione di giovanissimi cresciuti con i social, ma anche universale e intergenerazionale, perché si rifà a elementi che caratterizzano da sempre l’uomo di ogni epoca come la lotta per la pace, la volontà di trascorrere tutta la notte con la persona amata e il desiderio di lasciarsi andare alle emozioni. Ritorna pregnante, nel frattempo, la tendenza al citazionismo, che tuttavia appare collocata più naturalmente, anche nei suoni, all’interno di testi comprensibili anche da chi non coglie i riferimenti culturali a Baudelaire, Oscar Wilde o Marc Bloch.
Giovani wannabe (oh-oh, oh-oh)
figli dei fiori del male, guerre lontane, noi
sopravvissuti anche alla fine della storia
voglio incontrarti ancora al prossimo Big Bang (eh-eh),
sul viso leggi il mio passato come Dorian,
portami dove vuoi.
Con te inizia la Belle Époque, che tempismo, o’clock,
bel teppismo black bloc che c’hai.
Sei la storia, Marc Bloch, un momento amarcord
dai, scambiamoci tutti i guai.
Il passaggio dalla collettività generazionale all’intera umanità di Hello World può invece essere rappresentato da brani come “Migliore”, che tratta di un femminicidio reale avvenuto nel 2023 in Italia, ma riconfigurandolo come un’occasione per il mondo intero di diventare “migliore” nel futuro (“A un tratto il bambino guardò / sua madre negli occhi, a metà del percorso, / chiese, “Dove si arriva da qui?” / Lei disse, “Non so, ma spero in un posto migliore””), o “Alieni”, che trasporta l’insofferenza nei confronti di un’umanità fallita sul piano globale (“Io volevo scoprire due Americhe e un’Australia / però c’erano già […] / Più gente conosco, più spero / che un giorno / arrivino gli alieni / a portarmi via”). In entrambi i casi, tra l’altro, troviamo riformulazioni di brani di cantautori della tradizione italiana, ossia “Il vecchio e il bambino” di Francesco Guccini nel primo, ed “Extraterrestre” di Eugenio Finardi nel secondo.
Le intenzioni dell’album sono esplicitate dal breve brano eponimo e di apertura, “Hello World”, che con echi quasi cosmogonici e ancestrali gioca sulla doppia semantica dell’espressione “Hello World!”, tradizionalmente segnalata nei manuali di informatica come primo esempio di applicazione di un linguaggio di programmazione, ma anche saluto che ogni io può fare al mondo intero quando si rende conto di non essere più un individuo, ma di appartenere a una collettività più ampia.
All’inizio ero solo
Hello World
a cantare nel buio
Hello World
e forse a volte stonavo, però
ti dirò, ti dirò, ti dirò
non sentiva nessuno
Hello World.
Poi una luce nel cielo
Hello World
e mi ha rapito dal sonno
Hello World
sarà stato un alieno, Dio, un robot
ma ora so, ora so, ora so
che cantavo in un coro.
L’autorialità del melting pop
Con otto album all’attivo (due EP e sei LP) e di successo, oggi i Pinguini Tattici Nucleari rappresentano una realtà fondamentale della musica italiana, capace proprio di fare scuola attraverso uno stile che possiamo definire, usando un titolo di un loro brano del 2022, “Melting pop”, espressione[4] che a sua volta riprende un gioco di parole con melting pot introdotto a inizio Duemila dal critico d’arte Gianluca Marziani. Il brano, che è in realtà dedicato al melting pot urbano di Milano, può essere elevato a emblema dello stile del gruppo grazie a strofe in cui la cultura appare come un grande bacino di dialogo e di scambio tra elementi di per sé distanti, che però si mescolano generando un incontro nuovo.
La food-blogger si sposa, i parenti le lancian quinoa (yī, zwei, trois)
e la marcia di Mendelssohn suona, ma in versione goa
la tale indiana del catering in un secondo va in buffering,
le racconta dei mistici del Khajuraho
e se mi dai la mano, ti prometto che ti seguo e che ballerò
melting pop
perché il mondo è un cinema all’aperto e i nostri passi sono lo show.
L’autorialità del melting pop dei Pinguini Tattici Nucleari sta dunque nella loro capacità di raccontare il presente e la sua tendenza alla spettacolarità attraverso il filtro del passato, e di descriverne le sue contraddizioni con l’obiettivo di costruire un futuro migliore pur senza evitare di attraversare le incongruenze dell’oggi, presentate come il frutto di una società e di un mondo che hanno fatto dell’incontro tra le alterità la loro chiave di lettura, a volte, però, senza metterla in atto in modo da evitare dolori, ingiustizie e sofferenze. Un mondo in cui è dunque necessario, suggerisce Zanotti, lasciare spazio alle emozioni, anche estreme – dai pianti alle urla e alle risate –, in modo da sentirci vivi per cercare, in qualche modo, di cambiare le cose a partire da noi.
Bibliografia
Bertoloni, Luca. L’immaginario intermediale pop tra i banchi. Roma: WriteUp, 2025.
Lopizzo, Antonello. Pinguini tattici nucleari: l’amore e le altre cose inventate dai comunisti. Roma: Arcana, 2021.
Marziani, Gianluca. Melting pop: combinazioni tra l’arte visiva e gli altri linguaggi creativi. Roma: Castelvecchi, 2001.
Sibilla, Gianni. L’industria della canzone. Roma-Bari: Laterza, 2024.
[1] Al posto di Bernuzzi, Cluter e Marchesi, nel 2016 entrano Nicola Buttafuoco alla chitarra, Simone Pagani al basso, al contrabbasso e alla voce, Matteo Locati alla batteria ed Elio Biffi alle tastiere, alla fisarmonica e alla voce. Zanotti rimane come solo frontman e autore di tutti i brani.
[2] Protagonista di una novella di Luigi Pirandello.
[3] 3 agosto 2025.
[4] Utilizzata sia in una mostra (2003) in cui viene presentata un’osmosi tra diversi settori delle arti contemporanee, sia in una pubblicazione (2001) che descrive questo particolare connubio di arti e linguaggi che oltre vent’anni fa stava già da tempo prendendo piede anche nell’arte.
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