Amico fragile

Fabrizio De André (1975)

Evaporato in una nuvola rossa,
in una delle molte feritoie della notte,
con un bisogno d’attenzione e d’amore
troppo, “Se mi vuoi bene, piangi!”

Per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo “Mi ricordo!”
Per osservarvi affittare un chilo d’erba
ai contadini in pensione e alle loro donne,
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità.

Perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi!

E poi sospeso dai vostri “Come sta?”
Meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo “Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te.”
“Lo sa che io ho perduto due figli?”
“Signora lei è una donna piuttosto distratta…”

E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell’ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo: “È bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra…”

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi,
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a vederle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse “perderemo”.
Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane
Il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi,
di essere molto più ubriaco di voi.

My Fragile Friend

Translated by: Julianne VanWagenen

Evaporated in a red cloud
in one of the many embrasures of the night
needing attention and love
too much “If you love me, you’ll commiserate”
to reciprocate.

It was worth it amusing you all on summer evenings
with a simple “I remember”:
in order to watch you all rent a kilo of grass
to retired peasants and their wives
and give away oceans with both hands
and more and more waves to enlisted sailors
Until I discovered each and every one of your hiding places
without ruing my credulity.

Because ever since the first trench
I was more curious than you all.
I was much more curious than you all.

And then suspended by all your polite ‘How are you?’s,
Stunned by the ferocious turn of cliches,
Like ‘How do you feel friend, my fragile friend?
If you want I could be there for you an hour a month.’
‘You know, sir, I lost two children.’
‘Ma’am, you must be quite absentminded.’

And killed, once again, by you all’s courtesy
at the moment in which a daydream of mine,
a backup dancer,
was agitating, for who knows what future,
her enormous-breasted present
and her fresh C-section —
I thought how nice it is that where my fingers end
in some way a guitar must begin.

And then seated in the midst of all your ‘See you later’s,
I felt less tired than you all.
I was much less tired than you all.

I could tease at the unknown woman’s trousers
until I saw her jaw drop.
I could ask any one of my children
to continue to insult me loudly.
I could exchange my guitar and its helm
with a wooden box saying ‘We will lose.’
I could ask you all your dog’s name.
I’ve called mine Free for a while now.
I could take a cannibal a day
to teach me my distance from the stars.
I could cross liters and liters of coral
in order to reach a place called ‘See you later.’

Without it ever occurring to me
that I was drunker than you all.
that I was really much drunker than you all.